Neighbours, di Lília Momplé

di AFRICA
Neighbours, di Lília Momplé

Neighbours: “vicini”. E, effettivamente, il romanzo narra di tre famiglie che non si conoscono tra loro e che abitano in appartamenti, a Maputo, non distanti gli uni dagli altri. Ma il titolo in inglese non è un vezzo anglofilo (questo dell’edizione italiana è lo stesso dell‘edizione originale mozambicana del 1995, rilanciata da un’importante editrice portoghese nel 2012). Il Mozambico in quanto Paese, e non solo le tre famiglie di questa storia, ha un ingombrante vicino che si chiama Sudafrica – e l’inglese era, con l’afrikaans, lingua ufficiale durante l’apartheid – e che ne ha pesantemente condizionato la storia. L’autrice lo spiega fin dalla prima riga della premessa al suo libro: «Mi ha sempre impressionata la continua e tragica ingerenza della minoranza razzista del Sudafrica nel mio Paese dove, soprattutto negli anni Ottanta, moltissimi mozambicani videro il corso delle loro vite mutato o, semplicemente, interrotto per volontà e per ordine dei difensori dell’apartheid». E i due tipi di vicinato tragicamente si intrecceranno nelle pagine di Neighbours.

Lília Momplé – oggi ultraottantenne, e che è stata anche alla testa dell’Associazione degli scrittori mozambicani (Aemo) –, ambienta il suo romanzo tra le ore 19 e le 8 di una lunga notte di maggio del l985. Si tenga presente, per una migliore comprensione, che nel 1982 proprio a Maputo era stata uccisa da un pacco bomba Ruth First, militante sudafricana bianca anti-apartheid, e che nel marzo 1984 era stato siglato il controverso Accordo di Nkomati «di buon vicinato» tra i due Paesi, un trattato dagli scarsi risultati, come appunto l’autrice testimonia (Neighbours si ispira a una storia vera che ha coinvolto persone vicine all’autrice).

Non sveleremo trama né conclusione, anche se non è difficile indovinare che le tre famiglie, presentate ciascuna in capitoli a sé stanti, rappresentano un caso di “parallele convergenti” attorno a un fatto di sangue (“Storia di un delitto” è l’esplicito sottotitolo di questa sorta di noir). Ma la scrittura di Momplé, mai gridata, ci fornisce al tempo stesso una sorta di murale (non a caso viene citato anche Malangatana, il grande artista mozambicano) della società del suo Paese – negli anni Ottanta ma anche prima dell’indipendenza. E le sue pennellate sono di una precisione assoluta, pur non pedante, anche nell’evocazione di fatti storici puntuali, come l’espulsione del vescovo di Nampula da parte del governo nel 1974, quando Lisbona era ancora (per poco) padrona delle sue “province d’oltremare”. «Il fatto che un bianco così importante come il vescovo di Nampula fosse espulso da altri bianchi a causa dei neri, era sicuramente il presagio di qualcosa di nuovo», è il pensiero che l’autrice attribusice a uno dei suoi personaggi.

C’è poi un aspetto, non appariscente ma di cui ci si rende conto man mano che si avanza nella lettura: l’azione al cuore della vicenda è maschile, ma il punto di vista è femminile, così come donne sono i veri protagonisti (l’osservazione è sostanzialemnte valida anche per gli altri suoi due titoli: raccolte di racconti inedite in italiano). Intervistata su questo aspetto, l’autrice è parsa quasi sorpresa: «La mia scrittura non è coscientemente femminile. Deve esserci stato qualche meccanismo inconscio che ha favorito il rolo della donna in quello che scrivo. Tutta la mia opera è basata sulla realtà, e la donna mozambicana soffre, è quindi naturale che appaia come sofferente. Amerei che si facessero avanti donne che scrivano dell’altra faccia della medaglia».

Infine, sempre fedele com’è alla realtà, Momplé – che nel suo dna è il prodotto di quattro o cinque provenienze da mezzo mondo – non poteva mancare di far toccare con mano al lettore i clivaggi, etnici o pseudotali, in seno alla società mozambicana coloniale (e che sono perdurati nel dopoindipendenza): neri, meticci, mauriziani, portoghesi… e anche gli stereotipi che connotano le diverse regioni del Paese («Narguiss non si stanca di ripetere che le donne dell’Isola di Mozambico sono pericolose e che amano rubare i mariti delle altre»).

Fila 37, 2015, pp. 126, € 14,00

(Pier Maria Mazzola)

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