Tantissimi i cartelli che prendono in giro il regime e l’ultraottantenne (ex) presidente Bouteflika. Quasi tutta la comunicazione di quella che si è autodefinita “la révolution joyeuse” ruota attorno all’avanzata età dell’ex capo dello Stato
Non serve scomodare Victor Hugo quando diceva che «è dall’ironia che comincia la libertà» per capire quanto proprio l’ironia sia efficace nella protesta politica in ogni parte del mondo. Se in Cina si usa la figura di Winnie the Pooh per prendere in giro il presidente Xi Jinping (che, infatti, ha vietato ogni rappresentazione del personaggio), anche nelle proteste in Algeria l’uso della satira e dell’ironia è stato massiccio, con tratti anche molto divertenti.
Se siamo abituati a pensare i Paesi di tradizione islamica come posti seriosi, dove non esiste dissenso, dobbiamo ricrederci guardando le folle oceaniche che ogni venerdì, ormai da mesi, si riversano per le strade di Algeri e di diverse altre città algerine.
Anche in Egitto, durante le primavere arabe del 2011, l’ironia e la satira è stata ampiamente utilizzata contro il regime di Hosni Mubarak. Giravano, ad esempio, molte barzellette: «Il presidente Bill Clinton venne a visitare Mubarak in Egitto e rimase impressionato di quanto popolare egli fosse. Dato che anche Clinton aveva intenzione di essere rieletto, chiese a Mubarak di mandargli un consigliere per aiutarlo nella campagna elettorale. Mubarak accettò e mandò a Clinton un suo uomo per aiutarlo. Nel giorno delle elezioni, quando si procedette con lo scrutinio, Mubarak prese il 90% dei voti».
Oppure: «Quando l’angelo della morte scese sulla terra, disse a Mubarak che era giunta la sua ora e di salutare per l’ultima volta il popolo egiziano. E Mubarak rispose: “Perché? Dove stanno andando?”». E così via… (clicca qui per altre storielle ironiche).
Quasi tutta la comunicazione di quella che si è autodefinita la révolution joyeuse ruota attorno all’avanzata età dell’ex presidente Bouteflika, ottantadue anni suonati, alla sua ormai tramontata intenzione di candidarsi per un quinto mandato e a tutto il suo entourage che detiene il potere da vent’anni nel Paese.
Uno dei miei slogan preferiti: «Loro hanno i milioni, noi siamo milioni». Dopo l’ictus del 2013, Bouteflika ha diminuito drasticamente le comparsate pubbliche, fino a essere definito «il presidente muto». Un cartello durante le proteste diceva «404, presidente non trovato» e un altro: «Tu non sei dio, nel quale si può credere anche senza vedere».
Durante la sua convalescenza a Ginevra, qualche buontempone, come ha riferito la Bbc, ha anche chiamato l’ospedale affermando che aveva portato quattro pizze che non erano mai state pagate, e che gliene era stata ordinata una quinta. E si potrebbe continuare per ore.
E poi c’è Rachid Nekkaz. Nekkaz è un cittadino franco-algerino che ha rinunciato alla doppia cittadinanza per candidarsi alle elezioni. Tuttavia, il Consiglio costituzionale ha rigettato la sua candidatura, dal momento che la legge elettorale algerina prevede che solo cittadini algerini possono candidarsi. Nekkaz non si è perso d’animo, e ha deciso di candidare il cugino omonimo, facendogli promettere ufficialmente di istituire la carica di vicepresidente, che ricoprirebbe lui diventando de facto colui che tira le fila dello Stato.
Il cugino di Nekkaz di mestiere fa il meccanico, e già il portale satirico El Manchar ha stilato i cinque motivi per votarlo:
1. Serve un meccanico per far ripartire un Paese in panne da più di vent’anni.
2. Metterà un sistema frenante Abs alla corruzione.
3. Metterà un motore a capo dello Stato.
4. Porterà al rottamatore Bouteflika e la sua sedia a rotelle.
5. Trasformerà El Mouradia (il palazzo del presidente) in garage pubblico.
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Giovanni Pigatto. Una passione per la politica e per la storia. Scrive di Africa e cura il podcast Ab origine su storia, politica e società del continente nero. Una laurea in lettere moderne a Trento e tanta voglia ancora di imparare…