“La notizia del doppio attentato, il primo fatto del genere nella storia del Niger, ha colpito e ferito la gente ma non ha sorpreso più di tanto. Gli attacchi di Agadez e Arlit fanno temere che Niamey possa essere il prossimo bersaglio dei gruppi armati”: lo dicono alla MISNA fonti religiose contattate nella capitale del Niger, che dista mille chilometri da Agadez e altri 240 da Arlit, due importanti località dell’estesa e desertica regione settentrionale. “Tutti gli ingredienti erano riuniti da mesi e, di fatto, i nigerini erano consapevoli della spada di Damocle sopra le loro teste. Erano ignoti solo tempi e modalità di possibili attacchi” prosegue l’interlocutore della MISNA.
Due anni fa, dopo la caduta del regime di Muammar Gheddafi, nella confinante Libia, successivamente alla rivolta popolare e all’intervento della Nato, il Niger è stato in prima linea. I suoi porosi confini sono stati varcati da un numero imprecisato di combattenti e mercenari armati in fuga dalla Libia; un flusso che ha messo a rischio la fragile stabilità del territorio, già teatro di ribellioni in lotta contro Niamey. Il Niger è stato nuovamente in prima linea quando, a partire di gennaio 2012, è esplosa la crisi nel vicino Mali, dove movimenti ribelli tuareg e poi gruppi armati islamici hanno preso il controllo delle regioni settentrionali, rivendicando l’indipendenza dell’Azawad.
“Le scelte geopolitiche e militari del presidente Mahamadou Issoufou hanno fatto del Niger un bersaglio facile” sottolineano le fonti locali, ricordando che il capo di stato nigerino è stato il primo a chiedere un intervento militare internazionale per “salvare il Mali”, il primo a far dispiegare 700 soldati quattro mesi fa accanto alle truppe francesi e maliane. Inoltre lo stesso Issoufou ha autorizzato gli Stati Uniti a stabilire due basi – a Niamey e Agadez – per il sorvolo della regione con droni mentre il Ciad utilizza il Niger come punto di transito e rifornimento dei propri soldati impegnati sul fronte maliano. Poi, carta geografica alla mano, Niamey è molto più vicina dal capoluogo settentrionale di Gao – 400 km – rispetto alla capitale maliana Bamako, lontana più di mille chilometri. Dall’inizio della crisi maliana, decine di migliaia di sfollati ma anche 500 soldati di Bamako in fuga dai ribelli di Gao hanno trovato ospitalità in Niger.
Col passare delle ore, si sta aggravando il bilancio del doppio attentato all’autobomba, rivendicato dal Movimento per l’unità e il jihad in Africa occidentale (Mujao), un gruppo islamista legato ad Al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) attivo soprattutto al di là della frontiera con il Mali, dove ha già messo a segno attacchi di questo genere. Nell’attentato contro la caserma di Agadez, sono rimasti uccisi 18 militari e un civile mentre altri 13 soldati sono feriti, di cui sei sono gravi. I quattro kamikaze sono morti nell’esplosione e un quinto starebbe trattenendo in un edificio della base quattro o cinque ostaggi, tutti allievi della scuola militare. “Ora ad Agadez la situazione è tornata sotto controllo e nella norma” ha dichiarato al sito d’informazione ufficiale ‘Le Sahel’ il governatore della regione, il colonnello Garba Maïkido.
Ad Arlit, 240 km più a nord, la società francese Areva che da decenni sfrutta l’uranio nigerino, ha annunciato la morte di una persona rimasta ferita nell’attentato contro un suo impianto. La centrale elettrica della fabbrica di trasformazione dell’uranio, gestita dalla filiale locale Somaïr, ha subito pesanti danni e almeno 14 lavoratori nigerini sono stati feriti dall’esplosione del veicolo guidato da due kamikaze. Il bilancio fornito dal governo fa invece riferimento a 49 agenti delle forze di sicurezza e un civile feriti nell’impianto, da mesi sorvegliato da soldati nigerini e francesi. Le autorità di Niamey hanno decretato tre giorni di lutto nazionale a partire da oggi e dovrebbero ulteriormente rafforzare il suo dispositivo di sicurezza al confine col Mali, ma anche nella capitale.