Niger: Giro, improbabile intervento armato Ecowas, l’Europa ha responsabilità nella crisi

di claudia
sahel

a cura di Marco Trovato

“Non credo che la crisi del Niger trascinerà l’Africa occidentale in una guerra regionale dagli esiti imprevedibili”. Lo ha dichiarato Mario Giro, ex viceministro degli Esteri ed esponente della Comunità di Sant’Egidio. Oggi i dirigenti nazionali dei 15 Paesi che fanno parte dell’ECOWAS (la Comunità Economica dell’Africa Occidentali), si ritrovano ad Abuja, la capitale della Nigeria, per un vertice straordinario dedicato al Niger. Obiettivo: trovare una soluzione diplomatica che scongiuri l’intervento militare minacciato a più riprese.

All’incontro mancheranno i leader militari di Mali e Burkina Faso – sospesi dall’organizzazione per i rispettivi colpi di stato che li hanno portati al potere – che peraltro hanno già espresso il loro appoggio ai generali golpisti di Niamey. “È molto improbabile che si scateni una guerra regionale”, sostiene Giro. “Anzitutto nessun esercito africano, neppure la Nigeria, possiede le capacità tecniche e logistiche necessarie a sostenere un intervento militare.  E poi i leader politici dell’ECOWAS sono divisi e affiorano da più parti resistenze all’opzione armata. La guerra finirebbe per compattare la popolazione nigerina attorno alla bandiera, favorendo una resistenza patriottica popolare a sostegno dei militari golpisti. Inoltre il conflitto tra Stati finirebbe per indebolire questi ultimi avvantaggiando l’insorgenza jihadista nella regione, con le milizie armate che approfitterebbero del caos per conquistare fette di territorio. Per questo ritengo che l’organizzazione regionale accetterà di negoziare, come già è avvenuto per i colpi di Stato in Mali, Burkina Faso e Guinea, la durata delle transizioni democratiche. Le diplomazie sono lavoro per trovare un accordo. I capi politici degli altri Paesi vorrebbero che il ripristino all’ordine costituzionale avvenga nei tempi più brevi possibili, mentre i generali golpisti puntano ad allungare i tempi per conservare il potere”.

“Anche l’Europa ha responsabilità nella crisi”

“La crisi del Niger deve fare riflettere l’Europa, e anche l’Italia, per le politiche intraprese in questi anni a Niamey, con ripetuti interventi concentrati solo a rafforzare l’apparato militare e securitario del Paese per contrastare l’insorgenza jihadista e il transito dei migranti”, prosegue Mario Giro. “I colossali aiuti europei verso l’esercito nigerino, in particolare a favore dei corpi d’élite, come la guardia presidenziale, da cui provengono i leader golpisti, alla fine si sono ritorti contro di noi, come già era successo in Libia con le nostre motovedette donate ai libici utilizzare da questi ultimi per sequestrare i nostri pescherecci”. 

Hanno fatto il giro del mondo nei giorni scorsi le immagini dei cortei e dei raduni di massa a Niamey con bandiere russe e slogan contro la Francia. Mario Giro, africanista docente di relazioni internazionali all’Università per Stranieri di Perugia, sostiene che “Quelle manifestazioni popolari di appoggio ai generali golpisti non riguardano solo Parigi, ma riguardano l’intera Europa e tirano in ballo anche le responsabilità italiane”. Secondo Giro, “l’ex potenza coloniale francese paga colpe storiche ma incarna soprattutto il simbolo dell’Europa che non può continuare a parlare con i paesi africani soltanto sulla base dei propri interessi. Bisogna imparare a rapportarsi con la sponda sud del Mediterraneo con modalità differenti. Chiedersi anzitutto quali sono gli interessi del Paese con cui si vuole cooperare, affinché siano impostati relazioni paritarie in cui tutti abbiano benefici, e non solo il soggetto più forte. Ciò riguarda anche l’Italia. Gli accordi di collaborazione e di cooperazione dovrebbero contemplare i nostri interessi nazionali e quelli della controparte africana, che non necessariamente coincidono”.

Giro ritiene che “l’errore più grande compiuto dall’Europa è stato non sostituire la vecchia Francafrique con una nuova e più lungimirante politica euro-africana. Troppo comodo oggi scaricare le colpe dei fallimenti sui francesi. L’esitazione italiana, spagnola e tedesca in politiche attive e costruttive in Africa occidentale è un grosso errore, di cui oggi paghiamo le conseguenze”

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