Pare strano vedere agguerriti cavalieri correre alle porte del Sahara. Ma nell’ippodromo di Niamey, lontano dai problemi che affliggono la regione, c’è tanta sabbia per sognare.
Lo chiamano champ de courses, a molti potrebbe sembrare una pista segnata lungo una distesa di sabbia dove a malapena riconoscere un ippodromo. Eppure, il campo di Tallaji, lungo la strada che da Niamey, la capitale del Niger, conduce all’aeroporto, non solo è effettivamente una pista dedicata alle corse dei cavalli ma è anche un posto particolarmente vivace, cuore pulsante dell’intensa stagione ippica.
Benché i cavalli siano arrivati nel Sahel coi mercanti arabi fin dal Seicento d.C., l’insospettabile passione della popolazione locale per l’ippica è un retaggio del periodo coloniale, ereditato dai francesi. Non a caso l’equitazione è diffusa anche in Ciad, Burkina Faso, Mali, Senegal. In questi poveri Paesi molta gente scommette abitualmente sulle corse che si tengono a Parigi e che vengono trasmesse in diretta tivù.
Ricchi premi
Ma in alcune capitali, per esempio N’Djamena e appunto Niamey, gli allibratori concentrano le loro puntate sugli stalloni locali. Gli allenamenti si tengono due volte a settimana: fantini e cavalli si rincorrono nel circuito di due chilometri, e a darsi appuntamento per tenere in movimento i 200 cavalli delle 25 scuderie che utilizzano la pista sono ricchi appassionati di corse che poi si sfidano ogni sabato e domenica. «Nei fine settimana da ottobre a marzo – spiega Boubakar, uno degli allevatori con più esperienza – sono in genere programmate sei gare, a meno che non si vada all’estero, nei Paesi vicini, in particolare in Nigeria». In palio ci sono ricchi premi da raccogliere davanti a una platea che nella tribuna d’onore vede spesso anche esponenti di governo, compreso il presidente Mahamadou Issoufou.
L’ombra del doping
A un occhio inesperto non sono chiare le differenze tra i vari cavalli che continuano a trottare sulla pista rossa, ma è sempre Boubakar a spiegare che gli animali sono divisi in due categorie a seconda che siano Arewa (gli esemplari locali) o sudanesi (stranieri). Che poi la globalizzazione sia arrivata anche in questo pezzo di terra battuta in mezzo al Sahel lo si può intuire dal fatto che il giorno prima della gara i cavalli vengono custoditi in un apposito spazio, per una sorta di quarantena. «Sai – aggiunge Boubakar –, il doping è arrivato pure qui, ma non abbiamo i mezzi per appurare se un animale sia stato dopato o meno. La soluzione che abbiamo trovato è quella di metterli in isolamento almeno 24 ore prima dello svolgimento della gara, per essere sicuri che poi la competizione sia alla pari e corretta».
L’ippodromo non è solo luogo di ritrovo dei ricchi. Durante gli allenamenti, bambini e ragazzi di ogni età si affollano sulla tribuna, si rincorrono, sognano anche loro.
Minacce alla sicurezza
Il caos della città qui appare lontano, così come lontani sembrano i problemi di un Paese che occupa l’ultima posizione nell’Indice di sviluppo umano dello Programma Onu per lo sviluppo (Undp). Un Paese che risente dell’insicurezza alimentata dalla presenza di gruppi armati e reti criminali e che, secondo l’antropologo francese André Bourgeot, profondo conoscitore del Sahel, deve necessariamente essere inquadrato all’interno del contesto regionale.
«Per il Niger – ha spiegato lo stesso Bourgeot in un’intervista all’agenzia stampa InfoAfrica – non parlerei, nonostante tutto, di reale insicurezza, ma di un territorio circondato da minacce alla sicurezza. Se si guarda la cartina geografica, il Niger è accerchiato da focolai di forze jihadiste: la frontiera con la Libia, dove Daesh è ancora presente; la zona orientale, in particolare quella di Diffa, minacciata da Boko Haram e ancora Daesh; la parte nord-occidentale, dove si registrano regolarmente attentati perpetrati da gruppi affiliati ad al-Qaeda».
Mondo a parte
Una situazione cui il governo del Niger ha risposto con una spinta alla militarizzazione e all’apertura a contingenti militari stranieri (anche l’Italia ha una sua missione). Ma l’ultima posizione nell’Indice di sviluppo umano segnala di fatto la difficoltà a rispondere alle esigenze di una popolazione in crescita demografica e senza grandi risorse su cui poter contare. C’è chi definisce il Niger una scatola di sabbia: fragile, difficile da stabilizzare, da solidificare. Ma sorseggiare una bibita al bar dell’ippodromo di Niamey sembra poter far passare tutto il resto in secondo piano. I cavalli vanno al trotto, seguiti dagli occhi interessati dei bambini.
Oggi è giovedì, ancora un altro giorno poi arriveranno le gare, con vincitori e perdenti. Il vecchio Boubakar incita il suo fantino, gli dà consigli, un nipote aggrappato alla sua gamba lo segue in silenzio con gli occhi. La sabbia sembra un tappeto, la tribuna un’oasi di riposo, oggi è tempo di sognare, domani si vedrà.
(Gianfranco Belgrano)