Niger, il primo ministro spiega la rottura con gli Stati Uniti

di claudia
Ali Mahaman Lamine Zeine

di Céline Camoin

In un’intervista esclusiva al Washington Post, il primo ministro nigerino Ali Mahaman Lamine Zeine spiega le ragioni della rottura delle relazioni con Washington, attribuendone la colpa agli americani. Per cominciare, Zeine accusa i funzionari americani di cercare di dettare con quali Paesi il Niger potrebbe collaborare. “Siete venuti qui per minacciarci nel nostro Paese. Ciò è inaccettabile. E siete venuti qui per dirci con chi possiamo avere rapporti, anche questo è inaccettabile. Il tutto è stato fatto con un tono condiscendente e una mancanza di rispetto”.

Zeine ha detto che i suoi tentativi di incontrare i funzionari a Washington sono stati respinti per mesi. Ha detto che Salifou Modi, ex capo dell’esercito ora in carica come vicepresidente, ha redatto un nuovo accordo sullo status delle forze per regolare la presenza delle truppe statunitensi, ma è stato respinto. Tuttavia, ha detto, i funzionari nigerini continuano a sperare che gli Stati Uniti possano fornire maggiore assistenza per rispondere agli attacchi estremisti, che, secondo il giornale statunitense, sono aumentati in seguito al colpo di Stato.

Zeine ha detto che i leader nigerini sono stati particolarmente offesi dalle osservazioni di Molly Phee, più alto funzionario del Dipartimento di Stato per gli affari africani, che secondo lui aveva esortato il governo durante una visita a Niamey di marzo ad astenersi dall’impegnarsi con l’Iran e la Russia se il Niger voleva continuare le sue relazioni di sicurezza con gli Stati Uniti. Ha anche detto che Phee avrebbe ulteriormente minacciato sanzioni se il Niger avesse perseguito un accordo per vendere uranio all’Iran.

Ha aggiunto che il Niger non avrebbe chiesto aiuto alla Russia e ad altri Paesi se gli Stati Uniti avessero risposto alle richieste di maggiore sostegno, compresi aerei, droni e un sistema di difesa aerea.

Phee, in un discorso di apertura di un’ora, ha accusato il governo nigerino di aver raggiunto un accordo per vendere l’uranio estratto in Niger all’Iran, che potrebbe usarlo per il suo programma nucleare. Il primo ministro ha dichiarato che tale accusa era falsa. Zeine, ricevuto dal presidente Ebrahim Raisi e da altri alti funzionari iraniani a Teheran a gennaio, ha affermato che “assolutamente nulla” è stato firmato con l’Iran.

Ha accusato gli Stati Uniti di utilizzare le stesse tattiche impiegate dall’amministrazione di George W. Bush prima dell’invasione dell’Iraq citando informazioni di intelligence successivamente screditate secondo cui il governo di Saddam Hussein aveva tentato di acquistare uranio dal Niger per utilizzarlo in un programma di armi nucleari.

Pochi giorni dopo l’incontro di marzo, un portavoce della giunta è apparso alla televisione di stato nigerina dichiarando illegale la presenza militare americana. Dietro le quinte, i funzionari statunitensi hanno continuato a negoziare, cercando di determinare quali eventuali relazioni di sicurezza potessero continuare.

Parlando poi della collaborazione in ambito militare, ormai rotta, il primo ministro ha sostenuto che “gli americani sono rimasti sul nostro territorio, senza fare nulla mentre i terroristi uccidevano persone e bruciavano città. Non è un segno di amicizia venire sul nostro territorio ma lasciare che i terroristi ci attacchino. Abbiamo visto cosa faranno gli Stati Uniti per difendere i propri alleati, perché abbiamo visto Ucraina e Israele”.

L’insistenza della giunta golpista del Niger per il ritiro delle truppe americane, condivisa da una parte dell’opinione pubblica, è culminata nell’annuncio del ritiro, da parte degli Stati Uniti.

Sebbene siano state precedentemente riportate discussioni tese tra i funzionari statunitensi e nigerini, le osservazioni di Zeine hanno rivelato la portata della disconnessione tra i due Paesi, analizza l’autrice, Rachel Chason. Mentre gli americani premevano sulla democrazia e sulle relazioni con gli altri Paesi, il Niger chiedeva ulteriori attrezzature militari e quello che considerava un rapporto più equo tra le due forze, secondo il suo racconto. Ha anche rivelato quanto fossero diventati esasperati i nigerini nei confronti degli Stati Uniti.

Dopo che un colpo di stato militare ha deposto il presidente democraticamente eletto del Niger lo scorso anno, gli Stati Uniti hanno congelato il sostegno alla sicurezza come richiesto dalla legge statunitense e hanno sospeso le attività antiterrorismo, che prevedevano la raccolta di informazioni sulle attività militanti regionali da un’enorme base di droni nel nord del paese. Gli Stati Uniti hanno mantenuto sul posto più di 1.000 militari mentre negoziavano con il Niger sul loro status e sollecitavano la giunta a iniziare a ripristinare la democrazia.

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