di Angelo Ferrari
Il Niger vuole ridurre il tasso di povertà dal 43% nel 2022 al 35% nel 2026 grazie a un piano di sviluppo 2022-2026 da 30 miliardi di euro, presentato a Parigi dal presidente Mohamed Bazoum. “La nostra ambizione è ridurre il tasso di povertà dal 43% nel 2022 al 35% nel 2026. Per fare questo, il governo attuerà diverse strategie volte alla trasformazione strutturale della nostra economia”, ha dichiarato il presidente Bazoum nel corso di una tavola rotonda che ha visto la partecipazione di donatori e investitori interessati a questo Piano di sviluppo economico e sociale (Pdes).
“Le risorse finanziarie necessarie per realizzare questo piano sono stimate in 29,62 miliardi di euro”, di cui 13,35 miliardi di risorse proprie dello Stato, 10,28 miliardi di euro attesi da partner tecnici e finanziatori (Ptf) e 5,99 miliardi di euro dal settore privato, ha aggiunto Bazoum, auspicando che si riesca a raggiungere l’obiettivo di mobilitare gli importi previsti al di fuori del bilancio dello Stato. Il piano ruota attorno a tre priorità: lo sviluppo del capitale umano, l’inclusione e la solidarietà; il consolidamento della governance, la pace e la solidarietà; la trasformazione strutturale dell’economia, ha specificato il presidente del Niger, uno dei paesi più poveri al mondo.
Il Niger deve affrontare molte sfide, tra cui il clima e la sicurezza, con una fortissima presenza di jihadisti legati ad Al-Qaeda e al gruppo dello Stato islamico nella regione del Sahel, nonché ondate di rifugiati sul suo territorio. La sua economia, inoltre, è poco diversificata, poco industrializzata e “dipende dall’agricoltura per il 40% del Pil”, secondo la Banca Mondiale. “Mobilitando risorse sufficienti, creeremo le condizioni per la diversificazione e la modernizzazione dell’economia del Niger, lo sviluppo del capitale umano, il consolidamento della governance, la pace e la sicurezza”, ha assicurato il presidente Bazoum.
“Sostenere il Niger è assolutamente essenziale. La posta in gioco va oltre il Niger”, ha dichiarato Chrysoula Zacharopoulou, Segretario di Stato francese per lo Sviluppo, mentre il Niger è uno dei pochi Paesi della regione del Sahel ad aver conservato un sistema democratico quando molti dei suoi vicini sono governati da regimi militari – Mali, Burkina Faso, Ciad. Secondo il segretario di Stato francese il Niger può dimostrare che è possibile affrontare “le sfide di sicurezza, economiche, sociali, demografiche e ambientali scegliendo un percorso democratico”. Niamey è anche un partner cruciale della Francia nella lotta antijihadista nel Sahel, tanto più dopo il ritiro dei soldati francesi dal Mali. Parigi sta ridefinendo il proprio sistema militare nell’area. Ma è un partner essenziale anche per l’Italia per il contrasto alla migrazione che trova, proprio in Niger una tappa fondamentale.
Tra i potenziali donatori, l’African Development Bank ha promesso 2,4 miliardi di euro e la West African Development Bank 680 milioni di euro. La Francia, dal canto suo, ha promesso 550 milioni di euro. Questo piano di sviluppo prevedeva inizialmente 10,28 miliardi di euro da questi partner tecnici e finanziari. All’interno del settore privato, il governo prevede impegni per 5,99 miliardi di euro. Secondo Marie-Laure Akin-Olugbade, vicepresidente dell’AfDB, “l’economia del Niger è resiliente e piena di opportunità in tutti i settori. Non perdete il treno”, ha sottolineato rivolgendosi agli investitori privati.
Secondo la Banca mondiale, il Niger prevede “tassi di crescita media annua dell’8,5%” fino al 2026, mentre una “combinazione di shock e crisi sanitarie, climatiche e di sicurezza ha ostacolato la crescita” della sua economia in questi ultimi anni. “Nonostante un contesto di forte incertezza”, sempre secondo la Banca mondiale, “la crescita potrebbe raggiungere il 10% entro il 2024 grazie al boom della produzione di petrolio”. Ed è proprio sul petrolio che il governo del Niger punta per rendere operativo il suo piano di sviluppo. Il ministro delle Finanze nigerino, Ahmat Jihoud, ha spiegato che di fronte alla mancanza di aiuti dei paesi ricchi per la transizione energetica in Africa, “non è possibile” abbandonare lo sfruttamento del petrolio, una delle speranze di sviluppo per il Niger”.
Il piano presentato da Niamey si basa su 13,35 miliardi di euro di risorse proprie dello Stato, finanziate in parte grazie allo sviluppo delle esportazioni di petrolio e a un nuovo oleodotto che dovrebbe partire alla fine del prossimo anno con un picco di produzione a 110mila barili al giorno contro i soli 20mila di oggi. I ricavi dal petrolio potrebbero quindi rappresentare fino alla metà delle entrate fiscali del paese e un quarto del Pil, secondo le stime del governo nigerino. Il ministro Jihoud ha spiegato che non “si può parlare di transizione energetica se non ci arriva il sostegno promesso dai paesi del G20”, e per queste ragioni “per noi è importante poter sfruttare le nostre risorse, anche se man mano si possono creare le condizioni per la transizione climatica”, ma “nell’immediato non è possibile” fare a meno del petrolio.