Nigeria, a sette anni dal rapimento delle giovani di Chibok nulla è cambiato

di claudia

Sono trascorsi sette anni dal rapimento delle giovani studentesse di Chibok, in Nigeria. I recenti attacchi jihadisti e gli scarsi interventi per la messa in sicurezza delle scuole denunciano oggi quanto poco si è imparato da quella tragedia.

Sette anni fa, il 14 aprile 2014, 276 studentesse furono rapite dalla loro scuola femminile a Chibok, nello stato federale del Borno, nord della Nigeria, per opera di jihadisti di Boko Haram. Il caso aveva scosso l’opinione pubblica mondiale provocando un’enorme ondata di indignazione. Purtroppo ancora oggi 112 ragazze risultano disperse: di loro si sono perse le tracce e le autorità non sono riuscite a restituirle alle loro famiglie.

Le giovani al momento del rapimento avevano un’età compresa tra i 12 e i 17 anni. Furono strappate dal college dove studiavano, che era stato prescelto dai miliziani come luogo-simbolo da attaccare: il nome “Boko Haram”, che significa “l’istruzione occidentale è un peccato”, rivela già in sé come l’azione dei jihadisti di colpire le scuole non fosse affatto un caso, ma il loro strategico obiettivo.

Lo stato di insicurezza e terrore è continuato negli anni, si pensi che solo da Dicembre, nel nord della Nigeria, si sono registrati almeno cinque rapimenti di massa di studenti. “Qualunque sia la risposta delle autorità per mettere fine a questa emergenza, non sta funzionando”, ha dichiarato Osai Ojigho, direttore di Amnesty International Nigeria. Dal 2014 sono più di mille gli alunni sequestrati dai jihadisti che hanno fatto irruzione nelle scuole. Quanto è successo a Chibok si è rivelato l’inizio di un incubo, che ha toccato numerose scuole nigeriane (a Kagara, Kankara, Dapchi, Jangebe…)

Scuole chiuse

L’ondata di terrore seminata dai jihadisti ha indotto le autorità a ordinare la chiusura di centinaia di scuole, disposizione che ha contribuito ad alzare il livello di dispersione e abbandono scolastico, in una zona come quella di Chibok dove già in precedenza si registrava uno scarso tasso di iscrizione. Le conseguenze sul piano sociale sono state devastanti, con un boom di matrimoni forzati nella regione: “Siccome molti tra i miei amici sono stati rapiti, i miei genitori hanno deciso di darmi in sposa per garantire così la mia sicurezza”, ha spiegato ad Amnesty una giovane studentessa di soli sedici anni.

La chiusura delle scuole e l’abbandono volontario di molti studenti sono il chiaro sintomo di un problema irrisolto, che le autorità non hanno affrontato nel modo corretto. I numeri parlano chiaro: sarebbero più di dieci milioni, secondo Unicef, i bambini di un’età compresa tra i 5 e i 14 anni che non vanno a scuola in Nigeria. Se le autorità di Abuja non interverranno tempestivamente, un’intera generazione di giovani nelo nord del Paese resterà senza opportunità di formazione scolastica, ricorda Amnesty.

Ma cosa è stato fatto di concreto negli anni per cercare di consolidare la sicurezza nelle scuole della Nigeria?

Nel 2014 è stato lanciato un piano milionario, su iniziativa dell’ex primo ministro inglese Gordon Brown, per cercare di bloccare i rapimenti. Il progetto ha coinvolto il governo nigeriano, le agenzie delle Nazioni Unite e diversi imprenditori privati. L’intento era quello di ricostruire le scuole, circondandole di muri e recinzioni, per renderle più sicure e inserire le guardie armate all’interno delle strutture scolastiche.

L’efficacia di questo progetto si è fermata alle intenzioni: sette anni dopo non c’è stato nessun intervento sostanziale, né da un punto di vista strutturale, di ricostruzione, né di messa in sicurezza. Qualche passo avanti è stato fatto con la fornitura di materiale scolastico e di scuole prefabbricate, ma nulla a che vedere con il piano di intervento milionario previsto.

In alcune aule della scuola da cui sono state rapite le giovani erano cominciati gli interventi di ristrutturazione, in seguito alla visita a Chibok della ministra Ngozi Okonjo-Iweala, in un incontro con i familiari delle giovani rapite, nel 2015. Ma anche quel poco che si è fatto, come riporta Allan Manasseh, rappresentante dalla comunità di Chibok, ai microfoni della BBC, era di pessima qualità e per nulla utilizzabile.

L’urgenza di un intervento

Ad oggi, le ultime notizie in merito sono una piccola luce nel buio di una tragedia irrisolta: dopo la visita del governatore Babagana Zulum, avvenuta in Novembre, è attualmente attiva la ristrutturazione delle aule della famigerata scuola di Chibok, grazie anche al contributo dell’esercito nigeriano. Ma c’è ancora molto da fare. Negli ultimi anni le autorità, grazie anche all’aiuto economico di privati e delle agenzie umanitarie dell’Onu hanno investito 30 milioni di dollari per potenziare la sicurezza nelle scuole. Purtroppo però una parte di quel denaro pare essere sparita nelle tasche di amministratori corrotti e loschi faccendieri.

Il numero dei rapimenti di giovani studenti non accenna ad abbassarsi. Da quello avvenuto al College of Science di Kagara, al sequestro di 317 ragazze adolescenti nello stato di Zamfara, nel mese di Febbraio. Ciò che pare essere cambiato è il movente alla base dei rapimenti, non più solo di tipo ideologico, ma economico, con il fine di riscuotere la somma del riscatto, nonostante le autorità abbiano negato di aver pagato per la liberazione di circa novecento giovani.

“Il fallimento delle autorità nigeriane nel proteggere gli scolari dai recenti attacchi dimostra chiaramente che nessuna lezione è stata appresa dalla tragedia di Chibok”, ha ribadito Osai Ojigho di Amnesty International. Un anniversario amaro e controverso dunque, che denuncia l’urgenza di un cambiamento imminente al fine di preservare la vita non solo delle giovani nigeriane, ma di tutto il Paese.

(Claudia Volonterio)

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