La Nigeria va al voto tra poco più di una settimana e i focolai di tensione all’interno del paese sono tanti. Oltre ai contrasti politici e ad alcuni scontri etnici per l’uso del territorio, il maggiore focolaio di tensione è quello che, ancora una volta, nasce dal territorio sul quale opera Boko Haram.
L’Organizzazione mondiale delle migrazioni (OIM) ha denunciato che da novembre ad oggi, dunque solo tre mesi, sono quasi 60mila le persone fuggite dal nord-est del paese a causa degli attacchi e attentati di Boko Haram. Sempre l’OIM ha diffuso un rapporto secondo il quale gli ultimi due mesi del 2018 sono stati contrassegnati da un’intensificazione delle attivita’ dei gruppi armati, accompagnata da un numero maggiore di attacchi e di successi nella conquista del terriorio. Secondo le stime dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, dall’inizio della crisi, nel 2009, piu’ di 27 mila persone sono state uccise nei tre stati nord-orientali di Borno, Adamawa e Yobe e migliaia di donne e ragazze sono state rapite.
Le persone che fuggono da questo focolaio di tensione si accalcano intorno al Lago Ciad che somma, in questo modo, due criticità: quella di “ospitare” centinaia di migliaia di profughi che tagliano alberi per produrre energia o cucinare e consumano acqua e dunque minacciano l’ambiente, e quella di subire i cambiamenti climatici che stanno riducendo la superficie del lago che era di 20mila Kmq venti anni fa e oggi è di solo duemila Kmq. Intorno al Lagi Ciad, secondo stime, sono accalcati due milioni e seicentomila persone fuggite dal 2009 principalmente per l’estendersi delle violenze di Boko Haram anche in Camerun, in Niger e in Ciad.
Nonostante le innumerevoli promesse di sconfiggere Boko Haram, questo gruppo (che si è scisso in due componenti, una più vicina allo Stato Islamico e l’altra più “locale”) continua ad essere attivo e letale prendendo di mira soprattutto i civili. Secondo l’organizzazione non governativa Amnesty International, oltre 1.800 persone sono state uccise soltanto lo scorso anno in Nigeria a causa delle violenze del gruppo jihadista e degli scontri inter-comunitari fra agricoltori e pastori.
(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)