Bola Ahmed Tinubu, 70 anni, candidato presidenziale del partito di governo nigeriano, All Progressives Congress (Apc), è stato dichiarato vincitore delle elezioni presidenziali del Paese. Tinubu ha ottenuto 8,7 milioni di voti alle elezioni svoltesi sabato scorso, secondo quanto dichiarato da Mahmood Yakubu, presidente della Commissione elettorale nazionale indipendente (Inec).
Il candidato del Partito Popolare Democratico (Pdp), principale oppositore, Atiku Abubakar, ha ricevuto 6,9 milioni di voti, mentre il candidato del Partito Laburista (Lp) Peter Obi ne ha ottenuti 6,1 milioni. In Nigeria, che ha una popolazione di circa 206 milioni di abitanti, 18 candidati si sono contesi la presidenza.
Nel discorso di accettazione dell’incarico, il neoeletto presidente nigeriano Bola Ahmed Tinubu ha ringraziato gli elettori affermando che si tratta “un’affermazione della nostra esistenza democratica”. “Io rappresento una promessa e con il vostro sostegno so che quella promessa sarà mantenuta”, ha aggiunto, Ha inoltre rivolto un appello ai suoi “compagni di gara”, chiedendo loro di “fare squadra insieme” per rafforzare il Paese.
Tinubu, ex governatore dello Stato di Lagos, rappresenta lo stesso partito del Presidente uscente Muhammadu Buhari, che Tinubu ha dichiarato di aver contribuito a spingere verso il seggio più alto nel 2015. Dopo decenni passati dietro le quinte, Tinubu ha lanciato la sua campagna per la presidenza con il motto: “È il mio turno”.
Diventerà il quinto presidente eletto in Nigeria dal 1999, vincendo la corsa per la massima carica del Paese al primo tentativo. Buhari si è congratulato con il suo futuro successore in una dichiarazione di oggi, definendolo “la persona migliore per questo lavoro”.
Il conteggio dei voti dopo le elezioni di sabato è stato duramente contestato da molti che sostengono che il processo sia stato inficiato da corruzione e guasti tecnici. Ieri, in una conferenza stampa congiunta, i principali partiti di opposizione del Paese hanno definito i risultati delle elezioni “pesantemente falsificati e manipolati”.
La Commissione elettorale (Inec) ha respinto le richieste di un nuovo voto e un portavoce ha ribadito che il processo elettorale è stato “libero, equo e credibile”. Nel suo discorso, Tinubu ha anche elogiato l’Inec per aver “condotto un’elezione credibile, a prescindere da quello che dicono gli altri”. Ma anche diversi osservatori, tra cui l’Unione Europea, hanno criticato le elezioni per la mancanza di trasparenza.
Questa elezione è una delle più combattute da quando il Paese è tornato al regime democratico nel 1999, con oltre 93 milioni di persone registrate per votare, secondo l’Inec.
Il nuovo presidente della Nigeria, colosso dell’Africa occidentale, settimo maggior produttore di petrolio al mondo, dovrà affrontare una miriade di problemi, tra cui il peggioramento dell’insicurezza, l’aumento della disoccupazione e il fallimento dell’economia.
Il nord-est del Paese, abitato dalla popolazione Hausa, è flagellato dalla minaccia jihadista. In dieci anni gli attacchi terroristici di Boko Haram hanno provocato oltre 50.000 vittime. C’è poi la violenza endogena del banditismo armato che prende a bersaglio scuole e treni per rapinare e sequestrare civili a scopo di riscatto, senza dimenticare la mai sopita lotta armata dei movimenti secessionisti degli Igbo, altro nervo scoperto che periodicamente torna ad infiammarsi. Nel sud-est della Nigeria, infatti, si trascina da anni la guerra a bassa intensità condotta da gruppi armati nel Delta del Niger, cassaforte del petrolio nigeriano, contro il governo di Abuja e le multinazionali petrolifere, accusate di saccheggiare le ricchezze e devastare l’ambiente.
I gruppi armati sfruttano le insoddisfazioni locali, le sperequazioni sociali, la mancanza di governance e la corruzione dilagante. Non a caso Economia e sicurezza sono stati i temi trainanti di tutti i canditati durante la campagna elettorale. Ora chiunque vincerà le elezioni sarà chiamato a porre fine, quantomeno a contrastare, gli osceni contrasti e le scandalose contraddizioni che ancora oggi fanno della Nigeria un gigante fragile.