Il Premio Nobel per la Pace è stato assegnato al premier etiope Abiy Ahmed. Giovane politico di etnia oromo, Abiy è stato nominato primo ministro il 2 aprile 2018. Quando è salito al potere il suo Paese stava attraversando una fase difficilissima. Scossa da una crisi politica nata con la morte di Melles Zenawi, l’Etiopia era attraversata da ondate di proteste. A scendere in piazza erano soprattutto gli oromo, l’etnia maggioritaria, ma sempre tenuta lontana dal potere.
Fin da primo discorso pubblico, Abiy ha marcato la differenza col passato, parlando di pacificazione e di riconciliazione. Nei primi cento giorni di governo è poi passato all’azione. Ha liberato migliaia di prigionieri politici, ha dichiarato la fine dello stato di emergenza e ha ammesso e denunciato l’uso della tortura da parte dei servizi di sicurezza dello Stato (licenziando funzionari carcerari implicati in violazioni dei diritti umani).
Il suo capolavoro però è stata la riappacificazione con l’Eritrea con la quale l’Etiopia viveva uno stato di pace armata dal 2000, anno in cui è terminato il conflitto iniziato nel 1998. Il suo governo ha rinunciato alle rivendicazioni territoriali nella zona di Badme. Ha sostenuto l’applicazione dell’accordo di pace promosso dalle Nazioni Unite nel 2000, che prevede la cessione di alcuni territori all’Eritrea. Ha concordato con il dittatore eritreo Isaias Afewerki la riapertura delle rispettive ambasciate e la ripresa dei commerci. È stata ristabilita la rotta aerea diretta tra le capitali dei due paesi e le linee telefoniche dirette tra i due Stati, interrotte da circa vent’anni.
Abiy Ahmed che, con i suoi 43 anni, è il leader più giovane del continente e rappresenta un segno di speranza per tutta l’Africa. E, soprattutto un segno di discontinuità con un passato caratterizzato da leader capaci solo di mantenere stretto il potere per anni ai danni delle popolazioni. Il Premio Nobel è un riconoscimento a tutto questo.