“Non dirmi che hai paura”, una storia di resilienza individuale e collettiva

di claudia

di Annamaria Gallone

È uscito in sala il 5 dicembre, ma è 43° in classifica al Box Office: sabato 28 dicembre aveva incassato solo 474,00 € e registrato 15.903 presenze. Invece è un film da vedere che fa riflettere e discutere. Il film di Yasemin Samdereli, regista tedesca di origine turca tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Catozzella, Premio Strega Giovani 2014, Non dirmi che hai paura, si ispira a una storia vera, quella di Samia Yusuf Omar. Già da bimba, a solo 9 anni, Samia ama correre e sfida i tabù correndo per le strade di Mogadiscio, in una società dove una donna non dovrebbe correre. Si allena, aiutata da Alì, in una città che diventa sempre più pericolosa, dove vige il coprifuoco.

I genitori temono per lei, adolescente si trova obbligata a correre con il velo, contre in quale si batte con tutte le forze: il suo sogno è quello di diventare la ragazza più veloce del mondo.

Sormontando tutti gli ostacoli, nel 2008 a soli 17 anni rappresenta la Somalia ai Giochi Olimpici di Pechino. Il suo ritorno in patria, però, è troppo pericoloso perché ha gareggiato senza velo, ma lei non si rassegna e quindi decide di recarsi in Europa, sognando di gareggiare alle Olimpiadi di Londra del 2012.

Ma la sua storia di invincibile coraggio naufraga quando viene catturata in Libia e poi muore nelle acque del Mediterraneo, simbolo di tanti, troppi naufragi.

Il film inizia con una serie di materiali di repertorio che testimoniano i fatti che hanno portato la Somalia alla guerra civile e all’instaurarsi di un regime islamico.

La storia, che si sviluppa su diverse linee temporali, è realizzata con grande arte nella regia e nella fotografia: la regista si è valsa della collaborazione di Deka Mohamed Osman, fotografa e videoartista italo-somala, che nel ruolo di assistente regia e casting director ha aiutato la regista ad entrare in contatto con la comunità somala. La protagonista è sua sorella, scelta dopo tanti provini, perché incredibilmente somigliante alla vera Samia, che Giuseppe Catozzella aveva conosciuto.

Vividi i colori, buono il ritmo sviluppato su due diverse linee temporali (non è facile riprodurre in un film un’opera letteraria), momenti di humor sapientemente inseriti nel dramma, bravi gli attori non professionisti. Il film ha un cast interamente somalo ed è girato interamente nella lingua madre degli attori.

L’empatia con “Samia che non ha paura” scatta immediatamente e la sua storia non può non commuovere, una storia di resilienza individuale e collettiva che racconta una lotta di tutta la comunità somala e le restituisce una dignità dovuta.

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