I paesi ricchi e le istituzioni finanziarie internazionali devono fornire maggiori finanziamenti all’Africa per sostenere gli obiettivi climatici globali aiutando così le nazioni africane a perseguire uno sviluppo a bassa intensità di carbonio. Lo ha detto ieri il vicepresidente della Banca africana di sviluppo (Afdb) Kevin Urama, il quale ha detto che l’istituto di credito per lo sviluppo regionale stava cercando un nuovo tipo di diritti speciali di prelievo (Dsp) dal Fondo monetario internazionale, da incanalare verso la “resilienza climatica”. Lo si apprende da un comunicato di Afdb.
Ad oggi, solo il 5% dei Dsp è andato ai paesi africani: “Non sto chiedendo aiuto, non sto chiedendo sovvenzioni o un favore per l’Africa, in realtà sto chiedendo alla comunità globale di rendersi conto che riparare l’Africa vuol dire aggiustare il mondo” ha dichiarato Urama all’agenzia Reuters: “Altrimenti, se l’Africa sceglie di svilupparsi su percorsi ad alta intensità di carbonio, il pianeta è a rischio”.
Per soddisfare i requisiti determinati a livello nazionale per combattere il cambiamento climatico, i paesi africani devono mobilitare 1,6 trilioni di dollari tra il 2022 e il 2030 ma finora hanno ricevuto solo 18,3 miliardi di dollari dai paesi donatori: “Le esigenze di finanziamento sono enormi e le capacità fiscali dei paesi africani sono schiacciate da shock esterni che non sono di loro responsabilità” ha ricordato Urama, citando la pandemia, la guerra in Ucraina e l’inflazione importata.
Secondo Urama l’architettura finanziaria globale “deve essere rivista” poiché le crisi sovrapposte aggravano il divario tra il nord e il sud del mondo: gli afflussi finanziari nel continente sono diminuiti e il finanziamento si è inasprito, spingendo molti paesi africani a prendere prestiti in mercati aperti ed emettere obbligazioni con “termini più brevi e rischio più elevato”. Alcuni paesi, secondo Afdb, stanno “sostanzialmente ipotecando i loro beni futuri per ottenere fondi” attraverso prestiti garantiti da risorse.