Ondata di terrorismo, il Mali piange ma il Burkina Faso non ride

di claudia

di Andrea Spinelli Barrile

Se il Mali oggi deve leccarsi le ferite dopo il duplice attacco dell’altro ieri a Bamako, capitale del Paese, il vicino alleato e sodale Burkina Faso certamente non ride: da febbraio 2024, l’Ong Human rights watch (Hrw) ha quantificato in sette gli attacchi jihadisti contro militari e civili, che hanno causato la morte di almeno 128 civili e “violato il diritto internazionale umanitario”.

Secondo la Ong oggi stiamo assistendo a un’ondata incredibilmente preoccupante di violenza islamista in Burkina Faso: “I massacri di abitanti dei villaggi, fedeli e sfollati da parte dei gruppi armati islamisti non sono solo crimini di guerra, ma anche un crudele affronto alla decenza umana” ha detto in un comunicato ufficiale dell’organizzazione Ilaria Allegrozzi, ricercatrice senior per il Sahel presso Hrw. Il gruppo per i diritti umani ha documentato atrocità raccapriccianti, tra cui esecuzioni porta a porta, sgozzamenti, smembramenti di corpi e stupri di donne.

Dal 2016, anno di inizio del conflitto interno contro i gruppi islamisti, arrivati proprio dal Mali, secondo l’Armed conflict location and event data project (Acled) si contano più di 26.000 persone uccise e, soltanto nei primi otto mesi di quest’anno, Acled ha registrato più di 6.000 morti, tra cui circa 1.000 civili uccisi da gruppi armati islamisti. Tra questi, vi sono anche i morti di Djibo e Barsalogho, civili. Che, come tutti i civili nei teatri bellici sparsi nel Paese, si trovano tra l’incudine e il martello: da una parte le autorità spingono le persone a tornare a casa, nei loro villaggi, dove la sicurezza tuttavia non è garantita, e dall’altra ci sono i jihadisti, che attaccano i civili e riscuotono le tasse al posto delle autorità.

Secondo l’Acled, il gruppo Jama’at Nusrat al-Islam wal Muslimeen (Jnim, legato ad Al-Qaeda e autore dell’attacco di ieri a Bamako, in Mali) opera in 11 delle 13 regioni del Burkina Faso e compie regolarmente attacchi anche nei vicini Niger e Mali. Ma Hrw ha denunciato anche le difficoltà che la giunta militare guidata dal capitano Ibrahim Traoré deve affrontare nel tentativo di contenere l’escalation della violenza jihadista in Burkina Faso: quando prese il potere con un colpo di stato nel settembre 2022, Traoré promise di riprendere il controllo del Paese in “sei mesi”, promettendo di fare della lotta contro il “terrorismo” la sua “priorità”. Un obiettivo ben lontano dall’essere raggiunto: solo negli ultimi 20 giorni ci sono stati due attacchi, a Barsalogho e Djibo, e manifestazioni contro l’insicurezza. Il 14 settembre i residenti di Djibo sono fuggiti dalle loro case dopo che i jihadisti hanno ordinato loro di collaborare o andarsene, pena la morte. Proprio Djibo ospita oggi decine di migliaia di sfollati che negli ultimi anni sono fuggite dai loro villaggi. 

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