L’ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, in una nota pubblicata ieri, si è detto molto preoccupato per una «repressione continua e crescente» contro i membri del movimento Hirak in Algeria e ha chiesto la fine delle detenzioni arbitrarie. A metà febbraio i manifestanti pro-democrazia hanno ripreso le loro marce pacifiche, che erano state interrotte per un anno a causa dell’epidemia di Covid-19. Ieri, venerdì 5 marzo, c’erano ancora migliaia di persone per le strade. Chiedono ancora uno «Stato civile, non militare».
Le autorità hanno reagito duramente. Dalla ripresa delle manifestazioni sono già «centinaia» gli arresti. E sarebbero «quasi mille» quelli che sarebbero stati perseguiti dall’inizio del movimento, due anni fa, secondo l’ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Alcuni per aver partecipato direttamente alle pacifiche marce. Altri per aver pubblicato messaggi critici nei confronti del potere sui social media.
Tra questi, «almeno 32 sono attualmente detenuti» per aver semplicemente esercitato «i loro diritti fondamentali». Ciò preoccupa l’ufficio dell’Alto Commissario. L’agenzia delle Nazioni Unite chiede il loro rilascio immediato e la revoca delle accuse contro di loro. È anche preoccupata per aver ricevuto «accuse di tortura e maltrattamenti durante la detenzione» contro membri dell’Hirak, «inclusa la violenza sessuale».
Nella nota, l’Alto commissario chiede che su queste accuse vengano rapidamente svolte indagini «imparziali e rigorose».