L’Etiopia è scossa da forti proteste antigovernative. Dopo le manifestazioni di gennaio della minoranza oromo e quella degli amhara a Gondar il 12 e 13 luglio, entrambe duramente represse, domenica 31 luglio sono riprese le contestazioni a Gondar. Il pretesto della manifestazione, così come delle proteste di luglio, è il provvedimento amministrativo che ha portato il distretto Wolkait, tradizionalmente appartenente alla regione Amhara, sotto la regione del Tigray.
In realtà, il malcontento è molto più profondo. Gli oromo (etnia maggioritaria) e gli amhara (gruppo che tradizionalmente ha governato il Paese) si sentono discriminati. Da 25 anni, infatti, l’amministrazione statale è diventata dominio assoluto del gruppo di potere tigrino coalizzato nel partito Eprdf. Tutti i posti chiave sono in mano ai tigrini e lo stesso Parlamento è dominato al 100% dal partito di potere.
Per gli oppositori e per i gruppi etnici diversi da quello tigrino ogni spazio è quindi precluso. Ciò ha portato a violente manifestazioni che il Governo di Addis Abeba ha represso duramente. Nelle proteste di Gondar a luglio sono morte una decina di persone e anche nella manifestazione di domenica sarebbero, secondo i primi bilanci, almeno una quindicina le vittime.
Nonostante la violenza e gli arresti, la popolazione continua però ad andare in piazza a manifestare. Domenica erano migliaia i dimostranti che hanno espresso apertamente la loro solidarietà con gli oromo degli ultimi mesi. L’instabilità dell’Etiopia sarebbe dannosa per l’intero Corno d’Africa già sconvolto dalla annosa crisi somala e da quella del Sud Sudan.