Ottant’anni fa iniziava la guerra in Etiopia

di Enrico Casale

guerra in etiopiaIl 2 ottobre 1935 iniziava la guerra d’Abissinia. L’Italia fascista cercava così di estendere i suoi possedimenti coloniali in Africa e di vendicare «l’onta di Adua» (la vittoria delle truppe abissine del negus Menelik II ai danni degli italiani avvenuta nel 1896).

Per scatenare un’offensiva su larga scala contro l’Etiopia, Benito Mussolini colse al balzo un incidente tra le truppe etiopi e quelle italiane avvenuto nell’oasi di Ual Ual (Ogaden). In realtà, quello fu solo un pretesto. L’Italia da mesi ammassava truppe in Eritrea e Somalia (allora sue colonie) e organizzava un apparato logistico per supportare un’avanzata verso Addis Abeba.

Ci vollero sette mesi di combattimenti e, come ha dimostrato dal giornalista e storico Angelo Del Boca, un vasto impiego di gas, per avere ragione delle truppe del negus Hailè Selassiè (supportate da Gran Bretagna, Francia e Svezia). Solo il 5 maggio le truppe del generale Pietro Badoglio entrarono nella capitale Addis Abeba.

In quell’impresa morirono 3.731 soldati italiani e 619 civili. Altissimo fu anche il sacrificio dei nostri soldati coloniali, gli ascari, che si batterono in una guerra non loro. Impossibile invece fare un calcolo delle vittime da parte abissina.

Ben più alto fu il prezzo in mezzi, armamenti, logistica sopportato dalle casse di Roma (senza calcolare l’impatto delle sanzioni internazionali imposte dalla Società delle Nazioni). Un costo elevatissimo dal quale l’Italia non rientrerà mai. Il nostro Paese, infatti, lascerà l’Etiopia (e le altre colonie dell’Africa orientale) solo cinque anni dopo, travolta dall’offensiva britannica.

Dell’Italia, in Etiopia, rimangono alcune infrastrutture (palazzi, strade, ponti) e un ricordo terribile delle violenze perpetrate dalle nostre truppe nei confronti della popolazione civile e dei resistenti (per molti mesi dopo la fine della guerra gli etiopi continuarono a opporsi al dominio italiano).

Di quella tragica avventura, in Italia rimane assai poco. A parte le pregevoli e oneste ricostruzioni di Angelo Del Boca, quel periodo è poco studiato sia nelle scuole superiori sia nelle università. Tutto è caduto nel dimenticatoio. Il nostro Paese non ha mai realmente fatto i conti con il suo passato coloniale. E chi non fai conti col suo passato è destinato a riviverlo.

 

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