A ieri le statistiche ci dicono che in Kenya c’erano 4.478 casi confermati di covid-19, 1.586 guariti e 121 decessi. Nonostante che l’avanzata del coronavirus sia lenta, il governo ha scelto di muoversi ancora con prudenza. Il ministero dell’Educazione ha fatto sapere che le scuole – da primarie a università – potrebbero riaprire in settembre, ma solo se ci saranno segnali che i contagi sono in diminuzione, altrimenti tutto potrebbe slittare più avanti, a gennaio. Considerando che l’anno accademico per la scuola primaria e secondaria va da gennaio a novembre e che quest’anno tutte le scuole hanno chiuso ai primi di marzo, significa che tutti gli studenti perderanno un anno scolastico. In Zambia, dove vige lo stesso anno accademico e l’evolversi della pandemia è stato simile, hanno invece già riaperto le scuole per gli studenti che dovranno sostenere gli esami a novembre.
La scuola è anche una protezione per bambini e adolescenti che a casa vivono in condizioni difficili, in quartieri sovraffollati e famiglie numerose che coabitano in una stanza. L’altro ieri i mass media hanno divulgato cifre allarmanti, anzi spaventose, circa l’aumento di stupri, incesti e gravidanze che coinvolgono minorenni, il tutto attribuito alle condizioni createsi in conseguenze del coprifuoco.
La corruzione continua senza sosta, la lista degli scandali per la sparizione di soldi arrivati da istituzioni internazionali per combattere la pandemia e finiti nelle tasche dei funzionari è lunghissima. Tony Idris, rifugiato sudanese che vive a Kibera da ormai 15 anni, mi dice: «Ogni tanto dicono che un capetto di partito – governo o opposizione, sono tutti al potere – è stato ricoverato d’urgenza. Ma tutto è in funzione di mantenere la tensione. In realtà quel funzionario è in vacanza a Mombasa, magari proprio coi soldi che ha rubato dalla cassa per il coronavirus. Per loro è un affare». E qualche ragione indubbiamente ce l’ha.
Siamo in una società in cui il covid-19 ha aumentato tensione e violenza e ha fatto emergere gli aspetti peggiori. Anche le denunce contro i poliziotti sono sempre più frequenti, e fortunatamente l’onnipresenza degli smartphone permette, sul modello americano, di accompagnare queste denunce con prove incontrovertibili. La scorsa settimana ha fatto scalpore il caso di una donna che, accusata di aver rubato, è stata presa, legata ad una motocicletta e trascinata a terra per decine di metri e poi ricoverata in condizioni disperate. Da un poliziotto, che è stato fermato dai passanti, e ripreso col cellulare.
A volte, dopo aver dato un’occhiata al giornale del mattino, ci si potrebbe scoraggiare. Poi alzo gli occhi dalle notizie del giornale, mi guardo intorno, e mi ritrovo con tante persone come me, che a volte fanno fatica a superare il male, però cercano di vivere la loro giornata con rispetto verso gli altri, amore per la famiglia e gli amici, gioia per il tempo condiviso. Persone che ogni giorno si rinnovano e crescono nel bene che hanno seminato ieri. Che nonostante tutto guardano agli altri con un sorriso che viene dal cuore.
Padre Renato Kizito Sesana è un missionario che vive tra Nairobi (Kenya) e Lusaka (Zambia), città dove ha avviato case di accoglienza per bambini e bambine di strada (si chiamano Kivuli, Tone la Maji, Mthunzi…) e molte altre iniziative principalmente rivolte ai giovani, rendendoli protagonisti (come la comunità Koinonia). È cofondatore della onlus Amani, che dall’Italia sostiene la sua opera. Da giornalista, ha sempre avuto una viva attenzione alla comunicazione, dapprima come direttore di Nigrizia, quindi fondando a Nairobi la rivista New People e rendendosi presente sui mezzi di comunicazione keniani e internazionali.