La pubblicazione dei Pandora Papers sta facendo discutere in molti Paesi di tutto il mondo per le implicazioni dell’inchiesta promossa dal Consorzio dei giornalisti investigativi (Icij), che include centinaia di politici, miliardari, celebrità, membri di famiglie reali e leader religiosi coinvolti in affari offshore nascosti. In Africa l’inchiesta ha avuto accesso a documenti riguardanti circa 2000 aziende con sede in praticamente tutti i 54 Paesi del continente. Dalla Nigeria cominciamo questa serie di articoli che nei giorni a venire approfondirà le scoperte realizzati dall’inchiesta. Nel Paese emerge soprattutto la figura di Peter Obi, ex governatore dello Stato di Anambra
I Pandora Papers sono descritti come la più grande collaborazione giornalistica al mondo, alla quale hanno collaborato 600 giornalisti provenienti da 117 Paesi che hanno analizzato 11,9 milioni di documenti. I documenti – che sono stati recuperati da 14 società di servizi offshore in tutto il mondo che hanno costituito società di comodo e altre entità offshore per i clienti – citano centinaia di personalità che avrebbero goduto di servizi che avrebbero consentito loro di investire nascondendo la propria identità al pubblico e persino alle autorità di regolamentazione. Secondo i dati resi noti, l’inchiesta ha raccolto informazioni su oltre 27.000 aziende e 29.000 cosiddetti beneficiari finali coinvolti negli affari offshe nascosti, tra cui 336 uomini politici.
Andando ad approfondire i beneficiari effettivi identificati provenienti da Paesi dell’Africa, emerge che l’inchiesta ha avuto accesso a documenti riguardanti circa 2000 aziende con sede in praticamente tutti i 54 Paesi del continente con la sola esclusione di Repubblica centrafricana e Sud Sudan. Tra i beneficiari finali individuati dall’Icij in Africa 45 di essi sono personalità politiche, tra cui l’attuale presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, il presidente congolese Denis Sassou Nguesso, il presidente gabonese Ali Bongo, l’ambasciatore ciadiano Zakaria Idriss Deby Itno, l’ex primo ministro del Mozambico Aires Ali, nonché diverse persone con cittadinanza nigeriana.
E proprio dalla Nigeria cominciamo questa serie di articoli che nei giorni a venire approfondirà le scoperte realizzati dall’inchiesta dei Pandora Papers riguardanti i Paesi del continente africano. L’inchiesta dei Pandora Papers è stata rilanciata in Nigeria dal quotidiano Premium Times che fa parte del consorzio internazionale di media che ha studiato l’enorme mole di documenti che rivela come le personalità più potenti del mondo conservino fortune enormi nei paradisi fiscali.
Già nel 2016 i Panama Papers (la precedente inchiesta dell’Icij portata avanti nel 2016) rivelarono la galassia di società offshore legate a 140 politici, 30 dei quali nigeriani, in oltre 50 Paesi. Non è illegale, per la legge nigeriana, che un funzionario pubblico o un’azienda importante abbia anche conti offshore: è illegale tuttavia tenerli segreti. Proprio i Panama Papers indignarono molto i nigeriani: organizzazioni della società civile, il movimento sindacale e molti liberi cittadini hanno chiesto indagini approfondite sui personaggi menzionati dai file ma nessuno di loro è stato mai processato o sanzionato.
Tra i nomi che che faranno molto discutere in Nigeria figura soprattutto quello di Peter Obi, ex governatore dello Stato di Anambra, nel sud-est del Paese, da sempre considerato un sostenitore della trasparenza e del buon governo. Secondo Premium Times però, che ha visionato, analizzato e studiato migliaia di file, Obi non è stato del tutto trasparente sui suoi affari: secondo il giornale nigeriano infatti avrebbe una serie di affari e relazioni commerciali segrete, attività che avrebbe creato e gestito clandestinamente all’estero, anche in paradisi fiscali, in modi che violerebbero le leggi nigeriane. Il quotidiano Premium Times, che ha anche incontrato Obi nelle scorse settimane per chiedergli conto di ciò che emerso con i Pandora Papers, scrive che l’ex-politico “ha ammesso di non aver dichiarato queste società, i fondi e le proprietà da lui detenute nei documenti di dichiarazione patrimoniale del Code of Conduct Bureau, l’agenzia governativa nigeriana che si occupa di questioni di corruzione, conflitto di interessi e abuso d’ufficio da parte di dipendenti pubblici” affermando di non essere stato a conoscenza di ciò che prevede la legge nigeriana.
Secondo le indagini, Obi avrebbe aperto nel 2010 una società alle Isole vergini britanniche, la Gabriella Investments (che prende il nome della figlia): ha spiegato ai giornalisti che la società servirebbe per evitare che i suoi figli debbano pagare tasse di successione quando verrà il tempo della sua morte, ma l’intricata struttura della società, e delle holding a essa associate, fanno pensare che Obi abbia utilizzato le Isole vergini per stornare fondi non di sua proprietà.
Il quotidiano nigeriano ha inoltre anticipato che nei prossimi giorni saranno resi noti anche i nomi di altre personalità coinvolte nell’inchiesta, tra cui un ex presidente della Corte suprema, diversi parlamentari e governatori in carica, uomini d’affari e anche un popolare pastore evangelico che hanno creato società di comodo e talvolta immagazzinano enormi risorse finanziarie, in giurisdizioni fiscali spesso ‘opache’. Nicholas Ibekwe, giornalista di Premium Times a capo del team di reporter, ha sottolineato che “i Pandora Papers saranno ancora più clamorosi dei Panama Papers: speriamo che questa volta le autorità nigeriane intraprendano le azioni appropriate per sanzionare coloro che hanno violato le nostre leggi”.
(Andrea Spinelli Barille e Michele Vollaro)