Peggiora la situazione umanitaria nel Sahel

di Valentina Milani
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La situazione umanitaria nel Sahel sta peggiorando rapidamente e in modo significativo: nel 2021, quasi 29 milioni di saheliani avranno bisogno di assistenza e protezione, 5 milioni in più rispetto a un anno fa. Lo scrive l’ufficio di coordinamento umanitario delle Nazioni Unite (Ocha), a margine della presentazione dei bisogni finanziari 2021, allorché dal cuore della regione africana giungono notizie sempre più allarmati. “La povertà endemica, i cambiamenti climatici, la violenza, l’insicurezza alimentare cronica e la malnutrizione continuano a causare livelli estremi di vulnerabilità. Il contesto sta diventando sempre più instabile e soggetto a shock e pericoli naturali, mettendo a rischio milioni di persone”, scrive l’Ocha, in un comunicato pervenuto a InfoAfrica.

Il documento ricorda che nelle aree colpite dal conflitto, i civili devono affrontare una crisi di protezione sempre più drammatica. Milioni di persone sono dovute fuggire dalle loro case. L’insicurezza e la violenza minacciano vite e mezzi di sussistenza, aumentano le violazioni dei diritti umani e minacciano la coesione sociale. Le donne e le ragazze corrono un rischio maggiore di violenza sessuale e di genere. L’insicurezza limita anche l’accesso umanitario, privando le comunità dell’assistenza essenziale ed esponendo gli operatori umanitari a un rischio maggiore. In tutta la regione, il covid-19 sta ulteriormente esacerbando i bisogni acuti.

Secondo l’Ocha, il conflitto nel Sahel si è aggravato e si è diffuso in nuove aree, rendendolo la causa principale del bisogno. Sia nel Sahel centrale che nel bacino del Lago Ciad, la violenza non accenna a diminuire: incidenti di sicurezza, attacchi e rapimenti sono una realtà quotidiana per milioni di civili. Sono intrappolati tra gruppi armati, violenza intercomunitaria e operazioni militari che hanno un grave impatto sul loro accesso ai servizi sociali di base, ai mezzi di sussistenza e all’assistenza, generando bisogni a breve e lungo termine.

Le tendenze pluriennali mostrano un drammatico peggioramento. Dal 2015 al 2020, il numero di attacchi violenti è aumentato di otto volte nel Sahel centrale e triplicato nel bacino del lago Ciad.

L’insicurezza si diffonde e si aggrava nell’area transfrontaliera tra Burkina Faso e Benin, Nigeria nord-occidentale e Maradi, in Niger. Le comunità colpite nelle aree rurali remote devono già affrontare elevate vulnerabilità e bisogni cronici. Esposti alla violenza e all’insicurezza, scivolano rapidamente in una profonda crisi.

I servizi di base vitali, come l’istruzione e la sanità, sono gravemente colpiti. Quasi 5.000 scuole sono chiuse nelle aree colpite in Burkina Faso, nell’estremo nord del Camerun, nella provincia del Lago Ciad, nelle regioni nord-orientali della Nigeria, in Niger e in Mali, privando così centinaia di migliaia di bambini di educazione e a rischio di sfruttamento e abuso. Milioni di persone non hanno accesso alle cure mediche. In tutto il Sahel centrale, 137 centri sanitari sono chiusi a causa dell’insicurezza e la maggior parte di quelli che sono ancora aperti non sono completamente operativi. Questa situazione colpisce in particolare le donne e le ragazze in età fertile, che costituiscono più della metà della popolazione colpita. Con l’aggravarsi della crisi, sempre più persone sono costrette a fuggire dalle proprie case in cerca di sicurezza. In Burkina Faso, dove la crisi degli sfollati è in più rapida crescita al mondo, più di un milione di persone sono state costrette a lasciare le proprie case dal 2019. Nel Sahel centrale, il numero di sfollati interni è quintuplicato in un anno. Nel bacino del Lago Ciad, il numero di sfollati è aumentato costantemente dal 2018 ed è raddoppiato nella provincia del Lago Ciad nel 2020.

Sei paesi – Burkina Faso, Camerun, Mali, Niger, Nigeria e Ciad – hanno sviluppato piani di risposta per il 2021, per un totale di 3,7 miliardi di dollari. 

(Céline Camoin)

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