Iran, Egitto e Arabia Saudita hanno attuato l’80 percento delle esecuzioni capitali note nel 2021, secondo il nuovo rapporto di Amnesty International sulla pena di morte nel mondo. Il documento si riferisce all’anno 2021, in cui Amnesty ha potuto registrare esecuzioni della pena di morte in 18 Paesi, lo stesso numero del 2020, nonché il più basso da quando l’organizzazione ha iniziato la raccolta dei dati. L’Iran guida la classifica con 314 esecuzioni, seguito dall’Egitto con almeno 83, e l’Arabia Saudita con 65.
Amnesty annovera 24 esecuzioni in Siria, 21 in Somalia, 17 in Iraq, 14 in Yemen, 9 in Sud Sudan, tre in Botswana e una negli Emirati Arabi Uniti, dove non accadeva dal 2017.
Il numero di condanne a morte è invece aumentato in maniera significativa, del 39 percento, su scala globale. Almeno 2.052 nuove condanne a morte sono state conteggiate, ma mancano dati relativi ad alcuni Paesi.
Sul continente africano, ne contiamo 9 in Algeria, 6 in Botswana, 4 in Camerun, 81 in Repubblica Democratica del Congo, 356 in Egitto, 3 in Gambia, 7 in Ghana, 14 in Kenya, 48 in Mali, 60 in Mauritania, 1 in Marocco/Sahara Occidentale, 56 in Nigeria, 23 in Sierra Leone, 27 in Somalia, 11 in Malawi, 10 in Sud-Sudan, 7 in Sudan, 3 in Tunisia, 2 in Uganda, 9 in Zambia e 1 in Zimbabwe. Per la regione medio Oriente e Golfo, le condanne note al momento della stesura del rapporto son state 91 in Iraq, 11 in Giordania, 5 in Kuwait, 12 in Libano, 21 nei Territori palestinesi, 8 in Arabia Saudita, 9 negli Emirati, e ben 298 in Yemen.
In diversi Paesi sono stati registrati aumenti significativi del numero di condanne a morte comminate, in parte a causa della ripresa più completa del procedimento dopo la revoca delle restrizioni legate al Covid-19 o al ricorso più frequente alle audizioni virtuali, secondo gli autori del rapporto.
Tra gli sviluppi significativi, Amnesty cita ad esempio il caso dell’Algeria, che ha condannato a morte otto uomini, sette dei quali in contumacia, dopo averli condannati per rapimento, tortura e decapitazione di una guida francese nel 2014. Il processo è durato un solo giorno, sollevando serie preoccupazioni di iniquità. Sebbene il Paese sia classificato da Amnesty International come abolizionista, mantiene in detenzione almeno 1.000 persone condannate a morte.
Mentre il numero di esecuzioni registrate in Egitto è diminuito del 22% nel 2021 (da 107 nel 2020 a 83 nel 2021), il Paese è rimasto uno dei principali attuatori del mondo. Almeno otto dei giustiziati erano donne. Alcuni sono stati giustiziati in segreto, con i membri della famiglia e i propri cari tenuti deliberatamente visite finali non informate e negate, in violazione anche della legge egiziana. Inoltre, almeno 356 persone sono state condannate a morte dai tribunali egiziani nel 2021, un aumento del 34% rispetto al 2020, e che rappresenta il più alto numero di condanne a morte che Amnesty International è stata in grado di registrare in tutto il mondo nel 2021.
In Africa sub-sahariana, il numero complessivo di esecuzioni registrate è più che raddoppiato a causa dell’aumento del numero in due Paesi, Somalia e Sud Sudan. Il numero di condanne inflitte è aumentato del 22 percento.