Perché l’Africa rischia di rimanere insoddisfatta dopo la presidenza italiana del G7

di claudia

Di Federico Pani – Centro studi AMIStaDeS APS

La presidenza italiana del G7, guidata da Giorgia Meloni, ha annunciato una grande attenzione sull’Africa, delineando un quadro degli impegni storici del G7 nei confronti del continente e ponendo quest’ultimo al centro della sua agenda. Tra le priorità il tema dello sviluppo e della cooperazione internazionale, ma anche sicurezza alimentare, infrastrutture sostenibili ed empowerment femminile. Tuttavia, nonostante le buone intenzioni, l’Africa potrebbe restare insoddisfatta.

Al centro dell’agenda italiana c’è il “Piano Mattei”, presentato come uno degli strumenti principali, nell’ambito del G7, per lo sviluppo economico e delle infrastrutture a livello continentale. Questo piano oltre a impegnarsi a sostenere la crescita economica e arginare la migrazione di massa, ha anche l’obiettivo di trasformare l’Italia in un ponte per la distribuzione del gas dall’Africa e dal Mediterraneo verso il resto dell’Europa.

Un punto chiave della strategia italiana è il partenariato con la Banca Africana di Sviluppo. Un accordo bilaterale prevede che il gruppo della banca eguagli i contributi per ogni progetto finanziato dal Fondo speciale multidonatori. L’Italia ha inoltre promesso un impegno di circa 150 milioni di dollari in prestiti e sovvenzioni in settori prioritari secondo diverse aree ritenute prioritarie: energia, acqua, agricoltura, sanità, istruzione e formazione, infrastrutture fisiche e digitali.

La presidenza italiana del G7 ha enfatizzato l’importanza di un partenariato reciprocamente vantaggioso con l’Africa. La presenza di numerosi leader africani, tra cui Mohamed Ould Ghazouani (Mauritania), Kais Saied (Tunisia), Abdelmadjid Tebboune (Algeria), William Ruto (Kenya) e Akinwumi Adesina (Banca Africana di Sviluppo), ha confermato questa intenzione.
In occasione della tappa pugliese, tenutasi lo scorso giugno, alle parole della Presidente Giorgia Meloni nel ribadire che “la Presidenza italiana ha voluto dedicare ampio spazio a un continente fondamentale per il futuro di tutti noi, che è l’Africa, che ci chiede un approccio diverso da quello che spesso abbiamo dimostrato in passato”, si sono sollevati però numerosi malumori tra i paesi africani. Essi chiedono un maggiore coinvolgimento nella definizione delle strategie e un ascolto più attento delle loro esigenze.

I presidenti di nazioni africane come Kenya, Algeria e Sudafrica hanno sottolineato la necessità di azioni concrete e non solo promesse. Il presidente del Kenya, William Ruto, ha messo in evidenza la devastazione causata dai cambiamenti climatici nel continente africano, inclusi eventi climatici estremi come siccità e inondazioni. Ha sottolineato come i paesi africani debbano affrontare tassi di interesse molto più alti rispetto a quelli delle nazioni più ricche, aggravando ulteriormente la loro capacità di rispondere alle crisi climatiche e di promuovere lo sviluppo economico. Ruto ha chiesto al G7 di impegnarsi per la cancellazione del debito, la riforma del sistema finanziario globale e un maggiore sostegno finanziario per le iniziative di mitigazione e adattamento climatico.

In una lettera aperta firmata da 49 parlamentari africani di 20 paesi, è stato richiesto al G7 di mantenere le promesse fatte riguardo agli impegni climatici e finanziari, nonché di considerare la ristrutturazione del debito e l’aumento dei finanziamenti per le energie rinnovabili.

Altri malumori arrivano anche dai contadini africani. Sul tema della sicurezza alimentare, l’iniziativa italiana avrà il proprio perno nell’Apulia food systems initiative, progetto finalizzato a finanziare l’agricoltura africana.
Sebbene in Africa, i piccoli agricoltori arrivino a produrre fino al 70 per cento dei beni consumati all’interno del Continente e il loro operato risulti essere fondamentale per le catene di approvvigionamento globali di prodotti di base, come ad esempio il caffè, nessuno di loro è stato consultato, nonostante il loro protagonismo. In particolar modo, già a margine dell’incontro dei Grandi, alcune organizzazioni hanno esortato il governo italiano a trarre insegnamento dalle passate iniziative alimentari del G7, in gran parte fallite. In particolar modo l’analisi condotta dall’organizzazione Foundation for farmers organisations and restorative action (Ffora) ha messo in evidenza alcuni problemi comuni che ne hanno limitato il successo.
Le iniziative, anche in ottica futura, dovranno necessariamente cercare il coinvolgimento delle principali parti interessate, come i produttori su piccola scala e gli agricoltori familiari, fin dalle prime fasi.

Di primaria importanza sarà la capacità di promuovere relazioni partecipate e più oneste, o sarà sufficiente parlare di partenariato reciprocamente vantaggioso mascherando obiettivi e interessi senza tradurre le parole in azioni concrete?

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