Piano Mattei, la messa in prova della nuova cooperazione

di claudia
cooperazione

di Andrea Spinelli Barrile

Si è conclusa nei giorni scorsi a Roma Codeway, manifestazione fieristica dedicata a chi opera nel settore della Cooperazione Internazionale allo Sviluppo. Tra gli spunti più interessanti c’è stato sicuramente il panel sul Piano Mattei.

La prima sfida da affrontare per mettere veramente a sistema il Piano Mattei e il nuovo paradigma della cooperazione italiana in Africa, riguarda la stabilità dei progetti stessi: “Per fare le cose servono le norme che ci consentono di farle, queste cose”. Ha così riassunto questo primo obiettivo il direttore generale per la cooperazione allo sviluppo del ministero degli Esteri, Stefano Gatti, intervenendo al panel sul Piano Mattei in apertura della seconda giornata di Codeway 2024. Gatti ha detto che, nel 2024, per la prima volta la cooperazione italiana ha agito “a sistema” con tutti e tre i grandi attori impegnati attivamente in due missioni, una in Africa orientale e una in Africa occidentale: “Ministero degli Esteri, Agenzia per la cooperazione allo sviluppo e Cassa depositi e prestiti che lavorano assieme rappresentano un cambio di passo per andare più velocemente in modalità più intensa e collaborativa: in particolare, secondo Gatti il coinvolgimento di Cdp si inquadra in un contesto “in cui finanziamento allo sviluppo è uno dei protagonisti importanti del sistema di cooperazione italiana”. Farnesina, Aics e Cdp sono oggi “soggetti che agiscono in cooperazione”.

Dello stesso avviso è anche il direttore generale dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), Marco Rusconi, che descrivendo il modello cooperativo italiano e il suo sviluppo negli ultimi anni, ha proposto alcune parole chiave per descrivere le attiviàt del nuovo modello: “inclusione e accesso”, citando come esempio la scuola e indicando come tema la mancanza di educazione di qualità e l’abbandono scolastico, i “fattori abilitanti”, ovvero la necessità di di creare contesto favorevole al coinvolgimento delle imprese e del terzo settore, la “flessibilità e adattabilità”, con la cooperazione che lavora in posti difficili, il “partenariato e l’ownership, la sostenibilità, che va di pari passo con la qualità, anche nei fallimenti” e “la scalabilità” sono le caratteristiche del modo di fare cooperazione da parte del sistema Italia. Secondo Rusconi, bisogna “partire da ciò che c’è e portarlo a un livello più alto e d’impatto, lasciando un segno trasformativo”. Caratteristiche che il direttore di Aics dice, appunto, essere parte del “nuovo corso” della cooperazione italiana.

scuola

Il coinvolgimento del settore privato è una novità che, andando oltre la cooperazione e il Piano Mattei, sta cambiando diversi paradigmi di intervento in zone di crisi: secondo Chiara Cardoletti, rappresentante per Italia, Santa Sede, San Marino, dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), oggi “è cambiato modo di lavorare perché i numeri sono troppo alti, le persone passano troppi anni nei centri e nei campi aspettando di tornare a casa”. Nella regione somala dell’Etiopia “da 20 anni rifugiati arrivano dalla Somalia” e sono oggi 250.000 persone, accolte dalle comunità locali in condizioni complesse. “L’obiettivo per noi è capire come far sì che le comunità locali continuino ad accettare rifugiati, trovandone e vedendone dei vantaggi”. Per tale ragione, l’Unhcr e i suoi partner si sono “inventati un nuovo modello, che ha portato a lavorare con noi il settore privato”: negli ultimi due anni nella regione somala dell’Etiopia è stato sviluppato un progetto con un target di 350.000 persone, l’obiettivo di “includere popolazioni locali e rifugiate” e svolto “sotto la leadership del governo etiope, che oggi è leader nel cercare di trovare soluzioni”.

Il progetto, spiega a Codeway la rappresentante Unhcr, è “molto scalabile e si basa nel rendere efficienti le pochissime risorse della regione somala: il sole” con progetti solari di elettrificazione, “l’acqua, una delle risorse meno disponibili” e la cui distribuzione e localizzazione va resa più efficiente, “la terra” che va curata e irrigata e l’ultimo punto, “le persone, investire sulle persone: educazione, sport, attività finalizzate a non far lasciare queste regioni ai più giovani”. Un progetto macroscopico che l’Unhcr, per la prima volta, porta avanti con partnership nel governo etiope e con il settore privato, oltre che con le popolazioni locali e i rifugiati.

cambiamenti climatici

Relativamante al fondo per il Clima, che dovrebbe finanziare parte del Piano Mattei, “già da novembre” ha ricordato il direttore Cooperazione internazionale e finanza per lo sviluppo di Cassa Depositi e Prestiti, Guido Lombardo, “abbiamo deliberato le prime operazioni, e a partire dal 2024 ne sono state varate altre”. Lombardo ha ricordato che il fondo Clima, gestito da Cdp, ammonta a 4,2 miliardi, 3 dei quali verranno utilizzati a supporto del piano Mattei: “Oltre agli interventi di tipo finanziario, previsti dal fondo Clima, 200 milioni di euro saranno destinati alla technical assistance. Coloro che vogliono sviluppare progetti in Africa beneficeranno di questi fondi”. “I 200 milioni per l’assistenza tecnica mi sembrano ancora più interessanti degli 800” messi a disposizione dal fondo Clima annualmente, “perché è di questo che ha bisogno l’Africa oggi: progetti sostenibili e scritti in maniera chiara”, ha detto Rita Ricciardi, business advisor della società di consulenza alle imprese Bergs&More. Le priorità di intervento saranno energia verde, agricoltura, acqua, occupazione giovanile e parità di genere: “Stiamo lavorando molto in termini di adattamento, efficientamento, supporto alle catene del valore. In alcuni Paesi il 60% della produzione deperisce, perciò è importante lavorare a tutto tondo” ha aggiunto Lombardo. “La maggior parte degli interventi vanno verso progetti di mitigazione e adattamento. Il cambiamento climatico è già in corso”. 

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