Basterebbe un semplice avviso agli operatori dell’informazione: “Dalla mia partenza al mio ritorno non si parla di politica italiana; vale per questa e per tutte le prossime volte”.
Qualcuno ricorderà che Carlo Azeglio Ciampi aveva preannunciato all’inizio del suo mandato di presidente della repubblica e senza mai, di fatto, scostarsene, che durante le sue visite ufficiali all’estero non avrebbe parlato di politica interna. Ci era sembrata una cosa molto saggia, per non dire ovvia, che almeno negli spostamenti della massima carica dello Stato l’attenzione del pubblico italiano venisse infine focalizzata sui Paesi ospiti, o tutt’al più sulle relazioni che con tali Paesi l’Italia manteneva o rinnovava. Una bella abitudine che dovrebbero avere sempre non solo il capo dello Stato ma anche quello del governo e i suoi ministri. Per rispetto al Paese ospitante – che ha il diritto di vedersi tributate tutte le attenzioni, durante il sempre scarso tempo a esso dedicato (è francamente penoso vedere conferenze stampa in cui il rappresentante italiano, accanto a quello estero e “in casa” di quest’ultimo, parla di affari nazionali) – e per rispetto agli italiani, che hanno il diritto di essere messi minimamente a conoscenza della politica estera nazionale nei confronti della tale o tal altra nazione.
Giuseppe Conte è andato In Etiopia e in Eritrea pochi giorni fa (visita di cui il nostro sito ha dato notizia a più riprese: l’ultima, ieri) – gesto di cui ci rallegriamo “a prescindere”, come direbbe Totò. Il presidente del consiglio è stato il primo alto rappresentante di governo occidentale ad Addis Abeba e ad Asmara dopo la storica pace dei due Paesi, che sono tra quelli africani con la maggiore storia comune con l’Italia, e dai quali proviene circa un quarto dei migranti che approdano alle nostre coste. Non è un segnale da poco.
È vero che erano giorni roventi, a Roma, per la messa a punto della manovra, e quindi l’opinione pubblica era (ed è) magnetizzata da questo. Ma, una volta di più, i giornalisti al seguito – specie quelli televisivi e radiofonici, che veicolano l’informazione più immediata e con la massima audience – si sono lanciati nella solita sequenza di domande su questioni italo-italiote. Alle quali il primo ministro, peraltro, non si è sottratto, né su questo il suo solerte portavoce lo ha richiamato.
Ci è sembrata una splendida occasione perduta di riannodare con lo stile Ciampi almeno in simili circostanze. Per la prossima volta, basterebbe un semplice avviso agli operatori dell’informazione: dalla mia partenza al mio ritorno non si parla di politica italiana; vale per questa e per tutte le prossime volte. I giornalisti casomai ci proveranno – fa parte del loro mestiere. Sarà sufficiente richiamare loro l’impegno preso.
Pier Maria Mazzola è il direttore responsabile di Africa. È stato direttore di Nigrizia e direttore editoriale di Emi (Editrice Missionaria Italiana). È autore di libri, tra cui Sulle strade dell’utopia (Emi) e Leoni d’Africa (Epoché), e curato Korogocho di Alex Zanotelli (Feltrinelli) e Io sono un nuba di Renato Kizito Sesana (Sperling & Kupfer).