Prezzi dei profilattici alle stelle in Zimbabwe

di claudia
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“I preservativi costano una follia. Non possiamo più permetterceli. Molte di noi sono arrivate a utilizzare i sacchetti del pane al posto dei condoms”. Chi parla è una giovane prostituta ventunenne dello Zimbabwe. La testimonianza, scioccante, è stata raccolta dal giornale locale The Manica Post. Come riportano i media del Paese, il prezzo dei preservativi in ​​Zimbabwe è così alto che una confezione è arrivata a costare quanto il salario di una collaboratrice domestica. Una situazione allarmante che mette in luce una problematica emblematica sia sul piano sociale che sanitario. La crisi internazionale si è sommata all’instabilità economica interna facendo schizzare l’inflazione. Lo scorso mese i prezzi al consumo sono cresciuti del 72 per cento: è aumentato il costo degli alimenti, quello della benzina, quello dei beni di prima necessità. E quello dei preservativi che in Zimbabwe non sono solo un metodo contraccettivo ma rappresentano un importate dispositivo medico, valido argine alla diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili.

Il dottor Tendai Zuze, medico di Mutare intervistato dal giornale The Manica Post, ha sottolineato i pericoli dietro all’uso di metodi alternativi al condom che non proteggono affatto dal rischio di contrarre malattie infettive. L’AIDS rappresenta ancora oggi un grave problema di salute in Zimbabwe, che detiene uno dei più grandi numeri registrati di casi nell’Africa subsahariana (solo il confinante Sudafrica ha tassi di contagio più alti). Dopo una diffusione forsennata dell’HIV nel Paese, esplosa negli anni Novanta e proseguita senza freni, negli ultimi quindici anni, anche grazie alle campagne di sensibilizzazione del governo, il numero dei sieropositivi in Zimbabwe ha cominciato a scendere, per poi stabilizzarsi ai minimi storici a partire dal 2015. Ma ora il caro prezzo dei preservativi – che rischiano di diventare un bene di lusso – potrebbe mettere a rischio i successi finora ottenuti.

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