Un appello al cessate il fuoco immediato in Repubblica democratica del Congo e un altro al dialogo diretto e indiretto tra le parti, anche attraverso la fusione dei processi di pace di Luanda e di Nairobi, sono i punti salienti delle conclusioni del vertice congiunto dei capi di Stato e di governo della Comunità dell’Africa orientale (Eac) e della Comunità di sviluppo dell’Africa australe (Sadc), tenutosi sabato a Dar es Salaam (Tanzania) sulla crisi in Rdc.
Era presente fisicamente il presidente ruandese Paul Kagame (nella foto), mentre quello congolese, Felix Tshisekedi, lo era tramite videoconferenza. Alcuni osservatori ritengono che il vertice si sia concluso più a favore della parte ruandese che dalla parte congolese. Per il giornale congolese Le Potentiel, le risoluzioni del vertice sanno di incompiuto. Esaminando le 22 risoluzioni risultanti dagli incontri, il quotidiano sottolinea che manca una chiara condanna all’aggressione ruandese, eccetto la risoluzione n. 18 al termine della quale il vertice Ea-Sadc ha ribadito la propria solidarietà con la Repubblica Democratica del Congo e il suo incrollabile impegno a sostenerla nella sua ricerca di preservare la sua indipendenza, sovranità e integrità territoriale e nel suo desiderio di stabilire una pace e una sicurezza durature e di garantire lo sviluppo.
Info 27 sottolinea però che la Repubblica Democratica del Congo ha avuto un’importante vittoria diplomatica, ottenendo dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite la creazione di una missione di accertamento dei fatti e di una commissione d’inchiesta indipendente sulle gravi violazioni dei diritti umani nella parte orientale del Paese, per Le Potentiel, questa risoluzione stabilisce chiaramente la responsabilità del Ruanda in queste atrocità.
Il cardinale Fridolin Ambongo, arcivescovo di Kinshasa, ha invitato la comunità internazionale ad agire e ad andare oltre le semplici comunicazioni e denunce. Davanti alla stampa, ieri, al termine della messa per la pace e il conforto delle vittime nell’Est della Rdc, ha deplorato deplora il doppio linguaggio della comunità internazionale. Ha invitato ad affrontare anche chiaramente la questione dello sfruttamento delle risorse minerarie nell’est del Congo, affinché possa beneficiare a tutti, sia al popolo congolese che a coloro che estraggono i minerali.
I leader dei due blocchi regionali hanno inoltre chiesto misure volte a consentire la distribuzione senza ostacoli degli aiuti umanitari alle persone in difficoltà. Dopo i violenti combattimenti del 26 gennaio, l’aeroporto di Goma è rimasto chiuso, portando un duro colpo per il funzionamento delle attività umanitarie.
Un altro vertice dovrebbe tenersi entro cinque giorni. I capi delle forze armate dei Paesi della Sadc e dell’Eac in una sede ancora da annunciare. Si prevede che sottoporranno ai leader proposte sulle modalità pratiche per stabilire un cessate il fuoco incondizionato, un piano di sicurezza per la città di Goma e i suoi dintorni, la facilitazione degli aiuti umanitari e il rimpatrio dei morti e dei feriti.
Intanto, le ultime notizie dal fronte indicano una pausa nei combattimenti sul fronte che era aperto negli ultimi giorni, in Sud-Kivu. Il governo di Kinshasa ha delocalizzato la sede delle amministrazioni locali da Goma, occupata dall’M23 sostenuto dal Ruanda, a Beni, in attesa della riconquista dei territori occupati.
La visione di Kagame
Una “guerra etnica che va avanti da molto tempo”: è questa, in poche parole, la visione del presidente ruandese Paul Kagame sul conflitto che va avanti da oltre trent’anni nell’est della Repubblica democratica del Congo (Rdc), che vede fronteggiarsi le Forze armate congolesi (con milizie e mercenari in sostegno) alle decine di milizie, in particolare l’M23, e l’esercito ruandese nella Rdc orientale, in Nord e Sud Kivu.
Kagame ha illustrato la sua visione sul conflitto durante il vertice tanzaniano convocato dal presidente del Kenya William Ruto, cui hanno partecipato i leader regionali dell’Africa orientale e dell’Africa meridionale per fare il punto sul conflitto e avviare un dialogo per la pace. “Quello che sta accadendo è una guerra etnica che cova da molto tempo, negando i diritti delle persone e poi attaccando il Ruanda” ha detto Kagame al vertice congiunto, sabato scorso.
Nella visione di Kagame circa il conflitto, il Ruanda ha a lungo tentato di affrontare il ruolo della Repubblica democratica del Congo nella crisi, che Kigali stigmatizza sostenendo sia un pericolo per la sicurezza nazionale ruandese, ma ha dovuto affrontare “ripetute resistenze” da parte dei leader congolesi: per Kagame, la Repubblica democratica del Congo non può “semplicemente dirci di stare zitti quando stanno montando un problema di sicurezza contro il nostro Paese. Nessuno può dirci di stare zitti” ed ha espresso preoccupazione per il ripetuto fallimento nel realizzare progressi significativi in processi di pace o dialogo, criticando il ciclo infinito di riunioni senza risultati tangibili.
“Non dobbiamo limitarci a tenere un altro incontro come i tanti che abbiamo avuto” ha detto Kagame, respingendo poi, come sempre, le accuse secondo cui il Ruanda sarebbe responsabile del conflitto e sottolineando che questo sarebbe stato avviato dalla Rdc: “Questa guerra è stata iniziata dalla Rdc e non dal Ruanda. Ce l’hanno semplicemente portata e messa sulle spalle, dicendoci che ne eravamo i responsabili”.
Per Kagame la soluzione va in due direzioni distinte: la risoluzione pacifica del conflitto attraverso l’unificazione dei processi di pace di Luanda e Nairobi e la smilitarizzazione di alcune milizie, le Fdlr, che sostengono le Forze armate congolesi e che Kigali accusa essere “milizie genocidarie hutu”, che per Kigali rappresenta una minaccia alla propria sicurezza e a quella dell’intera regione. Le Fdlr sono il pretesto per la partecipazione ruandese, mai ammessa esplicitamente, al conflitto.