L’Africa è un continente (anche) cristiano. Più di 350 milioni di persone (di diverse confessioni) professano la fede in Gesù Cristo e, quindi, festeggiano il Natale. Molte tradizioni natalizie occidentali fanno ora parte della cultura natalizia africana, tra cui l’acquisto di alberi, i canti natalizi e i bambini in attesa che Babbo Natale porti loro i doni. Esistono però alcune tradizioni legate al Natale che sono tipicamente africane e che vale la pena di scoprire.
A Durban, Sudafrica, a dicembre è piena estate e il clima soleggiato è tipicamente vacanziero. Approfittando del bel tempo, nel KwaZulu Natal le famiglie tradizionalmente festeggiano la Natività con barbecue (che in afrikaans chiamano braai) e picnic all’aperto nei vari parchi e zoo, compresi i giardini zoologici di Natal. Molte persone preferiscono però recarsi in spiaggia. Mare, sole, pranzo all’aperto: ciò che per un europeo sembra impossibile e incredibile a Natale, qui è possibile. Sulla spiaggia cool di Balito viene organizzato il Kkn Christmas Markey Festival. Gli organizzatori hanno promesso che, quest’anno, l’evento, che prevede bancarelle, giochi per adulti e bambini, concerti e molto altro ancora, sarà il più grande mai allestito.
A Banjul, la capitale del Gambia, non è Natale finché non sono state accese le lanterne colorate. Le lanterne sono fatte di bambù e carta e sono montate su strutture a forma di barca su ruote. Queste «barche» vengono poi portate in strada e, spinte da ragazzi, girano di casa in casa raccogliendo donazioni per la grande festa di Natale. Nei loro spostamenti, le «barche» sono seguite da grandi gruppi di canto. La tradizione è nata in epoca coloniale e si è progressivamente diffusa nel Paese. Dopo il piccolo pellegrinaggio, si tiene una grande festa in maschera con tanto cibo e tantissima musica.
A Freetown, Sierra Leone, la vigilia di Natale è contrassegnata da una grande festa. Nella capitale, bande di polizia e di altre organizzazioni locali suonano i canti natalizi nelle strade. Bambini e adulti possono ballare e cantare. La Sierra Leone è stata uno dei Paesi dell’Africa occidentale più duramente colpita dalla recente epidemia di ebola. Per questo motivo, negli anni scorsi, le feste nelle zone rurali del Paese è stato limitato per evitare la diffusione del virus. Ora che l’epidemia è terminata, il Natale è tornato a essere un evento sociale.
In Ghana, il Natale prevede molte celebrazioni. Tra queste, una festa dedicata alle vedove sulla base di una leggenda locale secondo la quale Sant’Anna protesse Gesù bambino dal re di Giuda. Poiché il Natale arriva alla fine della raccolta del cacao, i contadini, felici per il raccolto, celebrano l’evento con grandi feste. In alcune parti del Paese, i bambini marciano su e giù per le strade dei villaggi urlando: «Cristo sta arrivando, Cristo sta arrivando! È vicino il giorno di Natale».
A Monrovia, Liberia, i bambini e gli adulti vanno di casa in casa cantando canti di Natale. Quando cantano, di solito, sono vestiti da angeli e rappresentano gli angeli fuori da Betlemme. Questo avviene prima di pranzo e dopo una grande messa in chiesa. In Liberia non c’è Babbo Natale ma «un vecchio mendicante». Si veste di stracci e chiede regali. Anche le persone in Liberia non dicono buon Natale, ma piuttosto «il mio Natale è su di te» o «il mio Natale è nel tuo sangue» in segno di condivisione.
Chi non riuscirà a godersi queste feste, è ancora in tempo a recarsi in Etiopia. Qui il Natale si festeggia il 7 gennaio e l’antico centro di Labibela, la Gerusalemme etiope, è il fulcro delle celebrazioni. Nelle chiese ricavate nella roccia, le processioni e i canti si susseguono. Nel giorno santo, ogni fedele riceve una candela da accendere una volta entrati in chiesa: dopo averla illuminata è usanza fare il giro dell’edificio tre volte, prima di assistere alla messa. La città si ammanta di un’atmosfera suggestiva quando nel corso dei due giorni le chiese si ravvivano di questa tradizione secolare.