Ormai a fuggire all’estero non sono solo più i giovani laureati in cerca di un’occupazione, ma anche i pensionati con redditi bassi che cercano all’estero quelle condizioni di vita che in patria non potrebbero permettersi. A svelare questa realtà è stato Tito Boeri, il Presidente dell’Inps, che nei giorni scorsi si è lamentato perché il suo istituto paga «ogni anno 200 milioni di euro di prestazioni assistenziali a pensionati che vivono in altri Paesi e che magari hanno un’assistenza di base».
Senza entrare nel merito della polemica previdenziale sollevata dall’economista (che vorrebbe bloccare le integrazioni alle pensioni di chi è all’estero), è interessante notare i dati di questa «fuga». Sarebbero infatti oltre 400mila gli italiani over 60 all’estero. Una cifra in continuo aumento: solo nel 2014 sono stati 5.345, il 65% in più dell’anno precedente, ma dal 2010 il numero è più che raddoppiato (+109%) arrivando a 16.420. La presenza di pensionati è concentrata nelle aree continentali verso cui storicamente si sono indirizzati i flussi migratori del nostro Paese, Europa, America settentrionale, meridionale, Oceania, ma anche in Asia, America centrale. In Africa sono numerose le colonie italiane. Oltre ai noti approdi in Kenya e in Sudafrica, i nostri connazionali sono presenti in tutti i Paesi del Nord Africa (Marocco e Tunisia in testa), ma anche in alcune nazioni dell’Africa subsahariana come il Burkina Faso dove esiste un consistente gruppo di pensionati.
Ma perché lasciano il nostro Paese? Nella maggior parte dei casi perché hanno pensioni troppo basse che in patria non garantirebbero loro un tenore dignitoso. In Africa, complice il costo della vita molto basso, anche le pensioni minime rappresentano un reddito di tutto rispetto. E così molti fanno le valigie e partono.