In Repubblica democratica del Congo i giudici della Corte Costituzionale hanno confermato la vittoria di Félix Tshisekedi alle elezioni dello scorso 30 dicembre proclamandolo nuovo Presidente congolese. La tanto attesa sentenza che riguardava i risultati definitivi del voto è arrivata nella notte come riportato da Rfi.
I giudici hanno dunque rigettato il ricorso sulla validità dello scrutinio, che era stato presentato una settimana fa dall’altro oppositore Martin Fayulu. La Corte ha giudicato il ricorso “infondato per mancanza di prove” e “assurda” la richiesta di riconteggio dei voti, in quanto “solo la Ceni (Commissione elettorale n.d.r) ha prodotto risultati autentici e sinceri”.
Con più del 38% dei voti Tshisekedi, imponendosi appunto su Fayulu e il candidato della maggioranza, Emmanuel Ramazani Shadary, diventa il quinto presidente della RD Congo dall’indipendenza nel 1960 e il primo oppositore a vincere un’elezione. Dovrà prendere il posto del presidente uscente Joseph Kabila, al potere da 18 anni dopo l’uccisione del padre
Laurent-Désiré nel 2001.
La decisione dei giudici arriva in un momento in cui la tensione nel paese e la pressione da parte internazionale si fa sempre più forte. Fayulu, che rivendica una vittoria con il 60% dei voti, nella notte ha già fatto sapere che si considera ormai “il solo Presidente legittimo del paese” e ha chiesto al popolo congolese di non riconoscere nessun altro che si fregi di tale titolo e non ubbidirgli”. Oltre a questo ha chiesto anche alla comunità internazionale di “non riconoscere un potere che non ha legittimità per rappresentare il popolo congolese”.
I dubbi sulla regolarità del voto e, in particolare, del conteggio sono arrivati da numerosi osservatori internazionali oltre che dalla Chiesa. L’Unione Africana (UA), in un comunicato del 17 gennaio sottoscritto sia dalla Sadc (Southern Africa Development Community) che dalla Icgrl (International Conference on Great Lakes Region) – le due più importanti organizzazioni regionali di cui kinshasa è stato membro – ha espresso«dubbi consistenti sui risultati provvisori elettorali proclamati dalla Ceni» e chiesto di conseguenza «una sospensione della proclamazione dei risultati elettorali finali prevista dalla Corte Costituzionale». L’UA, dopo una riunione dei presidenti dei paesi confinanti, aveva anche deciso di l’invio di una delegazione di alto livello politico che si renderà domani a Kinshasa per promuovere un dialogo con le parti politiche. La decisione dell’organizzazione panafricana però non ha inciso sulla decisione dei giudici congolesi.
La preoccupazione maggiore per i Paesi confinanti è chiaramente la questione di sicurezza. Se non ci fosse infatti un chiaro consenso sul risultato elettorale agli occhi della popolazione congolese, la tensione sociale potrebbe sfociare in nuovi disordini e in una nuova crisi interna che minerebbe la già precaria stabilità del Paese.
La Corte poteva scegliere tra tre differenti opzioni: Confermare il risultato provvisorio presentato dalla Ceni, come ha fatto; avallare un riconteggio dei voti nel caso in cui fossero state validate le prove di frode elettorale portate da Fayulu; annullare parzialmente o totalmente lo scrutinio del 30 dicembre.