La progressione della ribellione armata dell’M23 nel sud del territorio di Lubero, nel Nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo (Rdc), sta scuotendo il panorama dei media locali. Reporter Senza Frontiere (Rsf) accende i riflettori sulla situazione subita dai media locali: almeno 14 stazioni radio sono ora inattive, sei sono state saccheggiate, cinque trasmettono ora sotto il controllo dei ribelli dell’M23.
“Nelle città del sud del territorio del Lubero, nel Nord Kivu, nell’est della Rdc, l’arrivo il 28 giugno del gruppo ribelle, in guerra contro le forze armate nazionali, ha cambiato completamente il panorama radiofonico”, scrive Rsf. Tra il 28 e il 30 giugno, una cinquantina di giornalisti della zona sono fuggiti dal territorio di Lubero. La maggior parte si è rifugiata a Butembo o Goma, sempre nella provincia del Nord Kivu. Il 1° luglio un direttore radiofonico allerta Rsf: “Sto fuggendo…Le bombe colpivano forte. Sono riuscito a prendere solo il trasmettitore, il resto del materiale è rimasto in radio”.
Meno di un mese dopo l’appello di Rsf alle autorità congolesi affinché proteggano urgentemente i media locali, la situazione è peggiorata. L’avanzamento della M23 in diverse grandi città del sud del territorio del Lubero ha segnato la scomparsa dell’informazione libera e plurale nella regione.
“Chiediamo alle parti in conflitto di garantire l’accesso a un’informazione libera e indipendente e chiediamo alle autorità di garantire in modo assoluto la sicurezza di tutti i giornalisti”, dichiara Sadibou Marong, direttore del desk Africa sub-sahariana di Rsf
In questo territorio in guerra, le stazioni radio sono vittime di diversi gruppi armati e di attacchi individuali. Attualmente almeno 6 studi radiofonici sono stati saccheggiati. A Kanyabayonga, una città strategica nel sud del Lubero caduta nelle mani dell’M23, la Radio Communautaire Amani (Rca) è stata saccheggiata da membri del gruppo ribelle. “Sono venuti e hanno rubato tutto dallo studio, poi hanno cercato di vendere il nostro generatore in città”, ha detto un giornalista radiofonico. Si tratta della seconda stazione saccheggiata su tre della città dall’inizio di giugno, dopo la Radio Comunitaria e Ambientale di Kanyabayonga (Rceka-Fm).
Nel sud del territorio di Lubero sono state saccheggiate anche le stazioni radio comunitarie Radio Star de Kirumba (Reki), Codel, Coq du village, Radio Communautaire Bulotwa. Alla maggior parte di loro è stata rubata tutta l’attrezzatura, compresi pannelli solari, caschi e sgabelli.
Rsf denuncia che mentre molti giornalisti fuggono dal conflitto, i ribelli dell’M23 aumentano la pressione per costringere i professionisti dell’informazione a trasmettere contenuti controllati. Secondo il direttore di una delle stazioni radio chiuse a Kirumba, il volto politico dell’M23, Corneille Nangaa, ha annunciato durante una riunione del 6 luglio che tutti coloro che non riprendevano le loro attività erano considerati “collusi” con lo Stato esercito.
Secondo le informazioni raccolte da Rsf, i responsabili del movimento di ribellione hanno stilato un elenco delle stazioni radio attive e chiuse. Una volta identificati, i media contattano i loro dirigenti per forzare la ripresa delle trasmissioni. Dopo 72 ore di silenzio, dal 1 luglio, sono riprese le trasmissioni della Radio Comunitaria Lubero Sud (Rcls), trasmettendo non i soliti programmi ma canti religiosi e avvisi di ricerca di persone scomparse. Il giorno successivo, gli ascoltatori sentito un comunicato stampa rilasciato ogni ora da un membro dell’M23, che informava dello svolgimento di un incontro popolare. Contattato da Rsf il portavoce militare dell’M23, Willy Ngoma, sostiene che il suo movimento paga per la diffusione dei comunicati stampa. L’informazione è stata smentita dal rappresentante dell’organizzazione partner di Rsf Journaliste en Danger (Jed) nella regione: “L’M23 non paga, impone. Quando un deputato viene a presentare un comunicato stampa da leggere in onda ed è armato, come si fa a dire di no?”.
La trasmissione di alcune radio nazionali che forniscono informazioni attendibili sulla guerra è del resto esplicitamente vietata da elementi dell’M23, che li accusano di “distruggere la convivenza”. Così Lawrence Kanyuka, portavoce politico dell’M23, ha giustificato la censura della radio privata Top Congo Fm, una delle radio più popolari del Paese, che trasmette dalla capitale Kinshasa. Anche il programma quotidiano “Sauti Ya Wahami” (“la voce degli sfollati” in swahili), condotto da una cinquantina di giornalisti sfollati, è uno dei programmi vietati dal movimento ribelle.
Atti di censura provengono inoltre dalle istituzioni. Il 4 aprile, il Consiglio Superiore dell’Audiovisivo e della Comunicazione (Csac), l’organismo di regolamentazione, ha formulato una raccomandazione che vieta ai giornalisti di diffondere informazioni “relative alla ribellione nella Rdc orientale senza fare riferimento a fonti ufficiali”.
In questo clima repressivo, i giornalisti sono costretti ad autocensurarsi. “Devono evitare di parlare di sicurezza o di aspetti legati alla guerra se non vogliono essere arrestati. Si parla più di agricoltura, per esempio”, dice il rappresentante della Jed nella regione. I giornalisti trasmettono anche più musica.
Se alcuni giornalisti delle radio comunitarie della zona, fuggiti da questo degradato contesto di sicurezza, stanno già iniziando a rientrare e intendono riprendere la loro attività, altri si stanno organizzando per lavorare a distanza.