Rd Congo in corso i colloqui di pace a Luanda, ma sul terreno la tregua non regge

di claudia

di Céline Camoin 

È a Luanda, capitale dell’Angola, che si discute in questi giorni di processo di pace nell’Est della Repubblica Democratica del Congo, e in particolare di una delle crisi che affligge la regione, quella legata al gruppo armato M23, sostenuto da Kigali.

L’M23 non è direttamente rappresentato nel cosiddetto processo di Luanda, ma lo è direttamente il Ruanda, rappresentato in Angola dal ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Olivier Jean Patrick Nduhungirehe. La sua interlocutrice è la nuova e giovane ministra degli Esteri di Kinshasa, Therese Kayikwamba Wagner. L’incontro è incentrato sui negoziati per i quali è già stata sottoposta alle due parti (congolese e ruandese) una bozza di accordo. Il presidente angolano Joao Lourenço, nella veste di mediatore per l’Unione africana in questa crisi, si mostra fiducioso e spera che si giungerà ad un accordo di pace a lungo termine. Ma sono in molti a dubitare dei questo auspicio.

Primo, sul terreno non c’è accordo o cessate il fuoco che tenga. Secondo il canale congolese Tazama Rdc, proprio in questi giorni di trattative, intensi combattimenti hanno contrapposto i ribelli del M23 e le forze armate regolari e milizie di autodifesa (i cosiddetti wazalendo) nel territorio del Masisi, nel Nord-Kivu. Un accordo di cessate il fuoco era stato raggiunto tra Congo e Ruanda sotto gli auspici di Luanda, e sarebbe dovuto entrare in vigore il 4 agosto, ma le ultime notizie dimostrano l’opposto.

Secondo. Nessuno sembra disposto a mettersi contro il presidente ruandese Kagame. Nonostante il coinvolgimento ruandese nell’instabilità del nord-est del Congo sia denunciato regolarmente dagli esperti dell’Onu, e questo da anni, oltre che dalle autorità e la società civile congolese, non si parla mai di sanzioni o procedimenti nei confronti del “dittatore illuminato”. La missione dell’Onu, che per anni è stata presente nella regione, ha troppo spesso chiuso occhi e bocca. Come ricordava la Bbc a febbraio, “la regione funge da punto di transito chiave per il commercio e gli aiuti umanitari. La sua posizione strategica vicino ai confini del Ruanda lo rende un punto centrale per la stabilità e la sicurezza regionale. Ospita una grande base di mantenimento della pace delle Nazioni Unite, che ha attratto un gran numero di imprese, organizzazioni internazionali e consolati diplomatici. Il controllo di Goma, capitale del Nord-Kivu, costituisce una leva importante nelle dinamiche di potere regionali. Chiunque sia a capo della città può influenzare gli interessi politici ed economici in tutta la regione dei Grandi Laghi africani”.

Terzo. Il conflitto in Nord Kivu è cronicizzato da decenni ormai. La pagina buia del genocidio in Rwanda del 1994 ha lasciato una scia che ha destabilizzato il vicino Congo. Gruppo armato collegato inizialmente ai genocidari, le Fdlr, installate nel nord-est del Congo, sono state sempre nel mirino di Kigali e un pretesto per mantenere la pressione. E come in ogni guerra, anche quella in oggetto facilita i traffici di confine, in particolare quelli di minerali, come la cassiterite o il coltan, ma non solo. Dalla fine degli anni 90 alcune voci denunciano il disegno di annessione di terre -fertili e ricche in ricchezze di ogni genere – congolesi da parte del Rwanda, Paese senza sbocco al mare, piccolo e con un’elevata densità di popolazione. Tensioni etniche e difficoltà di gestione dell’immenso territorio congolese completano il quadro, che contiene anche la presenza effettiva di militari regolati ruandesi sul suolo congolese.

Nella bozza di piano di pace presentato da Luanda, c’è l’impegno da parte della Rdc a presentare un piano di neutralizzazione delle Fdlr, condizione in cambio della quale il Rwanda rivedrà il proprio dispositivo di sicurezza. La vecchia questione della milizia legata ai genocidari hutu ruandesi, irrisolta da 30 anni, ebbene sì, è ancora ad oggi il pomo della discordia.

Foto di Marco Gualazzini

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