Kinshasa ha definito un “infelice ricatto” l’annuncio – rettificato poi martedì – del presidente ruandese Paul Kagame di non voler più aprire le frontiere ai cittadini congolesi in fuga dalle violenze nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo (Rdc).
“Per il presidente ruandese i diritti umani non hanno alcun valore, né la libertà di espressione né la libertà di manifestazione. Inoltre, per la libertà di manifestare, si ricorre ai rifugiati congolesi perché c’è un calcolo politico dietro. È il massimo dell’indecenza”, ha detto il portavoce del governo congolese Patrick Muyaya in una conferenza stampa.
“Ciò che il presidente ha affrontato è la palese ipocrisia nel criticare e accusare il Ruanda di essere all’origine del fallimento dello Stato nella Rdc, e che poi dovrebbe accogliere coloro che cercano rifugio dalle conseguenze di questo fallimento (…) Il Ruanda non ha alcuna intenzione di espellere o bandire i rifugiati”, ha da parte sia dichiarato la portavoce ruandese Yolande Makolo in un comunicato.
Per il portavoce di Kinshasa si tratta di un “tentativo di fare marcia indietro”. Ha detto che Kagame “ha rivelato le sue vere intenzioni”. Il Ruanda ospita quasi 77.000 rifugiati congolesi. La Rdc, a sua volta, ospita quasi 200.000 rifugiati ruandesi sul suo territorio.
Le tensioni tra i due Paesi sono esplose con la recrudescenza, alla fine del 2021, della ribellione dell’M23 (Movimento del 23 marzo) che si è impadronito di vasti territori a Nyiragongo e Rutshuru, nella provincia del Nord Kivu, al confine con Ruanda e Uganda.
Questa ribellione è accusata da Kinshasa, dalle Nazioni Unite e da diversi Paesi occidentali di essere sostenuta dal Ruanda. La Comunità degli Stati dell’Africa orientale (Eac) ha dispiegato una forza regionale sotto il comando del Kenya per combattere i gruppi armati nella Rdc orientale.