di Andrea Spinelli Barrile
Non accenna a diminuire la tensione nelle regioni orientali della Repubblica democratica del Congo, dove proseguono gli scontri tra forze di sicurezza, caschi blu e manifestanti civili che chiedono la cacciata della forza Monusco dal Paese.
Ieri all’ora di pranzo la polizia e le forze armate congolesi hanno disperso una folla di manifestanti a Beni, nella regione del Nord Kivu in Repubblica democratica del Congo (Rdc), che cercavano di raggiungere la base Onu alla periferia dalla cittadina. I militari hanno esploso proiettili in aria, mentre i poliziotti sparavano lacrimogeni. Nel frattempo Jean-Pierre Lacroix, vicesegretario delle Nazioni Unite, commemorava nella base di Goma, il capoluogo della regione, i cinque caschi blu caduti la scorsa settimana, mentre la Monusco confermava gli arresti dei militari della brigata che il giorno prima aveva aperto il fuoco sui civili al posto di confine di Kasindi.
Domenica infatti si sono verificati scontri tra i caschi blu e i civili congolesi che chiedono la cacciata della forza Monusco dalla Rdc: i soldati delle forze di pace dell’Onu avrebbero aperto il fuoco “per ragioni inspiegabili” contro i civili al confine con l’Uganda, a Kasindi, provocando la morte di tre persone. Il contingente Monusco era in arrivo in Rdc dall’Uganda: le tensioni con i civili sono nate al confine e i militari Onu avrebbero deciso di “aprirsi la strada” con la forza sparando sulle persone.
Le Nazioni unite, in un mesto comunicato, hanno spiegato che “durante questo incidente, i soldati della Brigata d’Intervento della forza Monusco, di ritorno dal congedo, hanno aperto il fuoco al posto di frontiera per ragioni inspiegabili e si sono fatti strada con la forza. Questo grave incidente ha causato la morte e gravi lesioni” secondo una dichiarazione di Bintou Keita, capo della Monusco. Sui social sono circolati video che mostrano la scena dello scontro a fuoco: “Inorridito dalle immagini di violenze senza precedenti e inaccettabili da parte dei caschi blu sulla popolazione civile e sugli agenti di polizia congolesi a Kasindi. Condanniamo fermamente questa barbarie e porgiamo le nostre più rattristate condoglianze ai parenti delle vittime e chiediamo giustizia” ha twittato il Nobel per la Pace Denis Mukwege, la cui scorta personale è proprio organizzata dai caschi blu delle Nazioni Unite.
La stessa Monusco ha definito il comportamento dei suoi militari “inaccettabile e irresponsabile” ed ha annunciato che “gli autori della sparatoria sono stati identificati e arrestati in attesa delle conclusioni dell’indagine, già avviata in collaborazione con le autorità congolesi”. Sono stati inoltre avviati contatti con il Paese di provenienza di questi militari “affinché si possa avviare con urgenza un procedimento giudiziario, con la partecipazione di vittime e testimoni, e si possano adottare quanto prima sanzioni esemplari”. Bintou Keita ha detto di essere “profondamente scioccata e sconvolta” da questo grave incidente.
La rabbia contro le Nazioni Unite avviene in un contesto in rapido deterioramento: nonostante la Monusco, con diverse sigle, sia presente nella Paese dal 1999 sono 190.000 le persone che solo dallo scorso mese di marzo sono state costrette a lasciare i loro villaggi, la metà dei quali bambini secondo l’Unicef.