Martedì 30 ottobre, Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha adottato all’unanimità una risoluzione che chiede un’intensificazione della lotta contro l’epidemia di ebola nella parte orientale della Rd Congo. Poche settimane prima delle elezioni che si terranno il 23 dicembre, l’Onu invita gruppi armati a cessare le operazioni per consentire agli aiuti umanitari e medici di raggiungere la popolazione civile nelle zone colpite dall’epidemia. Il testo sottolinea anche la necessità per Monusco e l’Oms di coordinarsi con il governo congolese.
Il testo, redatto da Etiopia e Svezia, ma sponsorizzato da tutti i membri del Consiglio di sicurezza, è preoccupato per l’ostacolo posto agli operatori sanitari nella loro azione di sostegno alle persone. È il caso, ad esempio, nella regione di Beni, nel Kivu orientale, dove le operazioni sanitarie dovevano essere fermate per mancanza di sufficienti condizioni di sicurezza, secondo l’ambasciatore etiope.
I diplomatici hanno invitato tutti i gruppi di ribelli armati, in particolare le Forze Democratiche Alleate (ADF) a cessare la loro attività ostili per consentire la consegna veloce degli aiuti. Ospedali e assistenti devono essere protetti. Le Nazioni Unite temono che, per mancanza di cure, l’epidemia si sia diffusa in altri Paesi della regione come il Burundi, il Ruanda, l’Uganda o il Sud Sudan.
La domanda è: quale sarà l’impatto di un simile testo su gruppi armati che le Nazioni Unite e il governo congolese hanno poca influenza, e in una regione le cui forze di pace hanno iniziato a ritirarsi in favore dei centri urbani in vista delle elezioni di dicembre.