A Kinshasa, capitale della Rd Congo, continuano le manifestazioni contro le proposte di riforma del sistema giudiziario. Ieri, 25 giugno, la polizia ha addirittura sparato gas lacrimogeni per disperdere la folla. I manifestanti, alcuni armati di bombe molotov, avevano bloccato il traffico fuori dal parlamento di Kinshasa, erigendo barriere e bruciando pneumatici.
Le modifiche presentate prevedono nuove norme per la nomina dei magistrati che i critici ritengono essere uno stratagemma «per mettere la museruola» al potere giudiziario. Le proposte di riforma provengano dal Fronte comune per il Congo, una coalizione molto vicina a Kabila, anche se l’ex capo dello Stato, al momento, rimane dietro le quinte della politica nazionale.
Mercoledì, il leader dell’Fcc, Nehemie Mwilanya, ha messo in guardia «coloro che pensano di avere il monopolio del disordine e della violenza. Devono rendersi conto che tutti sanno come iniziano gli scontri, ma non come finiscono». E poi ha attaccato il ministro degli Interni, che proviene dal partito di Tshisekedi, affermando che non riusciva a capire perché alcune persone seguissero la «politica della terra bruciata». L’ex presidente del parlamento, Aubin Minaku, una delle personalità che hanno ispirato la riforma, ha affermato che «lo scopo è definire l’autorità che il ministero della Giustizia esercita sui giudici».
Il partito di Tshisekedi, però, non è completamente d’accordo con questi cambiamenti e lo stesso presidente li ha definiti «uno stratagemma per minare l’indipendenza della magistratura e aumentare il potere del ministero della Giustizia».
Anche l’opposizione è contraria. Secondo i principali leader della minoranza, questa riforma «assesta un colpo mortale al concetto di separazione dei poteri».