Rinviate a più riprese, le elezioni presidenziali, legislative, provinciali del Congo, sono state nuovamente posticipate dalla Commissione Elettorale in quattro circoscrizioni: Beni, Beni ville, Butembo ville (nordest) e Yumbi (sudovest), per le quali è stato predisposto un calendario specifico. Un totale di 1,2 milioni di elettori, sugli oltre 40 milioni di iscritti a votare, non potranno farlo prima del mese di marzo 2019, ossia due mesi dopo la pubblicazione dei risultati definitivi delle presidenziali (15 gennaio) e del giuramento del nuovo presidente (18 gennaio).
Il timore dichiarato della Commissione è che lo spostamento di elettori e la promiscuità nei seggi contribuisca a diffondere i rischi di contagio da Ebola, che ha già fatto 350 morti da fine agosto nel Nord-Kiwu e che è ancora presente a Beni e Butembo. Poi esiste nella stessa regione “una minaccia terroristica”, mentre a Yumbi il problema è quello del conflitto interetnico nella provincia di Mai-Ndombe che da metà mese ha già fatto 80 morti.
Dalla consultazione dovrà uscire il successore di Joseph Kabila, divenuto presidente della Repubblica Democratica del Congo in seguito all’assassinio di suo padre Laurent-Désiré Kabila, il 16 gennaio 2001, carica alla quale aspirano 19 candidati, tra i quali ne spiccano tre: Emmanuel Ramazani Shadary, candidato sostenuto da Kabila e nominato a capo del partito presidenziale ad inizio anno, dopo 14 mesi passati al Ministero dell’Interno dove è stato uno tra i principali artefici della repressione delle manifestazioni contro la permanenza al potere di Jospeh Kabila. E’ una delle 14 personaità sanzionate dall’Ue per gravi violazioni dei diritti umani.
Ci sono poi Felix Tshisekedi e Martin Fayulu. Quest’ultimo è il candidato della coalizione Lamuka: durante la campagna il 62enne ex dipendente di Exxon Mobil è riuscito a radunare folle oceaniche e nel tempo si è costruito una reputazione di uomo intransigente e coraggioso per aver partecipato in prima persona alle manifestazioni anti-kabila nel 2016 e 2017.
Il voto di domani era stato rinviato dal dicembre 2016 a dicembre 2017, quindi al 23 dicembre scorso. A quel punto c’è stato il rinvio di una settimana per i ritardi con cui arrivavano i materiali necessari ad organizzare il voto e a seguito dell’incendio di un deposito della commissione a Kinshasa. L’annuncio dell’ulteriore rinvio in quattro circoscrizioni ha spinto in strada centinaia di manifestanti a Beni e Goma ed è stato definito ingiustificabile dall’opposizione che vi vede il tentativo di isolare i bastioni anti-Kabila.
Vista la situazione ci sono molti dubbi sul fatto che il voto verrà dichiarato credibile. E se ciò accadrà Joseph Kabila, che ha cercato di posticipare il più possibile la sua uscita di scena, sarà “costretto” a rimanere al potere.
A definire poi il clima di incertezza e tensione generale ha contribuito anche la decisione annunciata due giorni fa dalla Repubblica democratica del Congo di espellere l’ambasciatore dell’Unione Europea nel paese. La scelta era arrivata dopo che la Ue aveva stabilito i di rinnovare le sanzioni contro diversi funzionari governativi, compreso Emmanuel Ramazani Shadarys, candidato del partito governativo alle elezioni presidenziali.
(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)