Tutto come previsto in Gabon. O quasi. Nelle elezioni che si sono svolte nel fine settimana ha vinto Ali Bongo. Secondo i dati ufficiali pubblicati dal Ministero degli Interni mercoledì 31 agosto, avrebbe ottenuto il 49,80% dei voti e avrebbe battuto sul filo di lana il concorrente Jean Ping (48,23%), con un tasso di partecipazione del 59,46%. La dinastia Bongo non molla quindi la presa sul Paese. Ali è al potere dal 2009 e, grazie a questa tornata elettorale, rimarrà in carica altri sette anni. Il padre Omar, al quale era succeduto proprio nel 2009, aveva governato per 40 anni sulla nazione dell’Africa centrale.
Quella di Omar era stata una gestione soft dell’autorità. Grazie ai cospicui proventi derivati dal petrolio, il vecchio Bongo riusciva a gestire il potere «comperando» l’opposizione e con essa la pace sociale. Si poteva parlare di un Presidente forte, ma anche, in qualche modo, inclusivo. La violenza era l’ultima estrema ratio, per l’amministrazione di un Paese che passava anche attraverso la fitta rete di relazioni personali, connivenze, legami massonici. Tutto ciò tollerato e alimentato dall’ex potenza coloniale, la Francia, che nel Gabon ha sempre visto un amico fidato, una base per i propri militari e una preziosa fonte di petroli.
L’avvento del figlio, pur nella continuità, ha in qualche modo cambiato le cose. I proventi degli idrocarburi sono progressivamente scesi, parallelamente all’impoverimento dei giacimenti. La mano «delicata» di Omar si è trasformata in una gestione più autoritaria e forte. L’ascesa al potere di Ali è coincisa con i primi veri scontri sociali con scontri, manifestazioni e contestazioni dei risultati elettorali.
L’attuale tornata elettorale sembra seguire lo stesso copione. Alla proclamazione dei risultati, sono scoppiati incidenti. La tensione si tagliava col coltello. Gli scontri sono scoppiati in particolare a Libreville nella capitale. Gruppi dell’opposizione hanno marciato sull’Assemblea Nazionale e sono riusciti a entrare nel cortile. I manifestanti anche preso di mira anche la televisione gabonese. Nella notte sembrava che gli incidenti si fossero placati. Ma nella prima mattinata, Jean Ping, l’avversario di Bongo, ha denunciato l’assalto da parte delle forze dell’ordine della sua sede a Libreville. «Hanno attaccato amezzanotte. La Guardia repubblicana ha prima bombardato con gli elicotteri e poi ha attaccato via terra», ha dichiarato Ping a Radio France Internationale (Rfi), aggiungendo che lui non era sul posto. Si parla di 19 feriti, alcuni molto gravi. «Ali Bongo – ha affermato Ping ai microfoni di Rfi – deve capire che non può rimanere per sempre al potere con le stesse modalità: corruzione, sparizioni, furti, ecc. La sua famiglia è al potere da mezzo secolo, cinquant’anni di regno Bongo. E vuole continuare così. Questo non è possibile! Dobbiamo ribadire che siamo nel 21° secolo e che ciò non può più succedere. Bongo deve rendersi conto che deve rispettare la volontà delle urne e la volontà del popolo del Gabon».
La violenza, per anni tenuta fuori, sembra aver fatto irruzione nella politica gabonese. Il rischio è che la situazione precipiti. Secondo un copione già visto altrove in Africa.