Rinoceronti in provetta

di claudia

Al mondo restano solo due esemplari (entrambi femmine) di rinoceronte bianco settentrionale. La perdita dell’habitat e il bracconaggio sono le cause dello sterminio di questi animali.  In Kenya, per scongiurare l’estinzione della specie, un team di scienziati sta tentando qualcosa mai provato prima

di Michael Chilundu – foto di Tony Karumba / Afp

Il vecchio Sudan se n’è andato due anni fa. Aveva 45 anni. «È morto per complicazioni legate all’età», hanno spiegato gli operatori della Ol Pejeta Conservancy, in Kenya, che da anni sorvegliavano 24 ore su 24 l’ultimo esemplare maschio di rinoceronte bianco settentrionale. «Siamo riusciti a proteggerlo dalla ferocia dei bracconieri, ma nulla abbiamo potuto contro il decorso di un’infezione che ha aggredito il fisico ormai sfiancato dell’animale». Quando i veterinari hanno constatato l’impossibilità di salvarlo, hanno dovuto prendere la decisione più difficile: sopprimerlo con un’iniezione letale. «È stato terribile, un vero strazio per tutti noi», ha confessato uno dei ranger che hanno vegliato fino all’ultimo sul rinoceronte. Nel 2014 era toccato a un altro esemplare, Suni, soccombere per cause naturali. Erano gli ultimi due rinoceronti bianchi settentrionali di sesso maschile.

Dopo il dolore per la perdita, i responsabili della riserva si sono concentrati su una sfida mai tentata prima: dare alla luce (in provetta) i cuccioli di Sudan e di Suni. Campioni di sperma sono stati prelevati prima che gli esemplari maschi morissero e accuratamente conservati nella speranza di salvare la specie dall’estinzione. Dopo molti tentativi, nell’agosto del 2019 gli scienziati sono riusciti a fecondare in vitro gli ovuli dalle ultime due femmine sopravvissute, Najin e Fatu, giunte in Africa da uno zoo della Repubblica Ceca per questa missione estrema.

Un ranger della Ol Pejeta Conservancy gioca con Najin, una femmina di rinoceronte bianco settentrionale: grazie al suo ovulo e agli spermatozoi prelevati a un esemplare maschio prima della morte gli scienziati sono riusciti a creare un embrione in laboratorio. Ora resta da portare a termine la gravidanza…
Najin (a sinistra) e Fatu, le uniche due esemplari di rinoceronte bianco settentrionale pascolano nella riserva ol-Pejeta conservancy nei pressi della città di Nanyuki, in Kenya.

La lotta contro l’estinzione

Poiché entrambe non hanno più l’età né le condizioni fisiche per portare a termine con successo una gravidanza, i ricercatori ora devono impiantare gli embrioni creati in laboratorio in femmine di rinoceronte bianco meridionale (di cui restano 20.000 esemplari, soprattutto in Sudafrica e Zimbabwe), che faranno da madri surrogate. «È l’unica possibilità che ci resta per evitare il peggio – ha spiegato la portavoce della riserva, Elodie Sampere –, una corsa contro il tempo per provare a evitare il peggio». Nel team di veterinari e ricercatori che stanno lavorando a questa delicata operazione, mai tentata prima, c’è anche uno scienziato italiano, il professor Cesare Galli, esperto di biotecnologie del laboratorio Avantea, leader europeo nell’ambito della riproduzione assistita degli animali d’allevamento.

In gioco c’è l’estinzione di questa sottospecie di rinoceronte bianco (Ceratotherium simum cottoni) che un tempo prosperava dalle foreste del Centrafrica e del Congo fino alle savane di Kenya e Tanzania. Nel 1960 ne esistevano circa duemila esemplari, vent’anni dopo la popolazione si era ridotta a 15 unità. A decimarli, la perdita dell’habitat e il bracconaggio. Lo sterminio perpetrato dai cacciatori di frodo è stato alimentato dalla crescente richiesta di corni, che nel mercato nero hanno raggiunto un valore paragonabile a quello dell’oro e dei diamanti.

Ora, a meno di non rinvenire altri esemplari maschi di rinoceronti bianchi settentrionali – l’Unione internazionale per la conservazione della natura, cita la possibilità, purtroppo mai confermata da evidenze, che alcuni capi possano sopravvivere in qualche remota regione del Sud Sudan –, non sarà possibile garantire naturalmente la continuazione di questa specie. L’ultima speranza è affidata alla scienza. E ai geni dei compianti Sudan e Suni.

(Michael Chilundu – foto di Tony Karumba / Afp)

Questo articolo è uscito sul numero 4/2020. Per acquistare la rivista clicca qui, o visita l’e-shop.

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