di Andrea Spinelli Barrile
Il più grande conflitto al mondo, quello nel Sahel, è anche quello più difficile da raccontare e ieri oltre 500 stazioni radiofoniche di tutta l’Africa occidentale hanno lanciato un appello per la protezione dei loro colleghi e collaboratori sparsi in tutto il Sahel. Che, spesso, sono gli unici giornalisti e testimoni presenti sul terreno, dove rischiano tuttavia di essere rapiti o uccisi.
Nel Sahel i giornalisti sono spesso rapiti o intrappolati tra le violenze dei gruppi armati da un lato e, dall’altro, subiscono restrizioni, pressioni, sanzioni, sospensioni dei loro media ed espulsioni di corrispondenti esteri da parte delle autorità. L’anno scorso Rsf descrisse il Sahel come “la più grande zona di non informazione dell’Africa”. Lo si apprende da una nota di Reporter sans frontieres (Rsf).
“È importante che il Sahel non diventi questo buco nero di informazioni” ha detto Sadibou Marong, direttore di Rsf per l’Africa subsahariana, in una conferenza stampa organizzata ieri a Bamako, capitale del Mali. Le cosiddette stazioni radio comunitarie del Sahel trasmettono notizie locali di medio raggio su temi quali sanità, istruzione o agricoltura, generalmente nelle lingue locali e proprio per questo hanno un ruolo importante, anzi fondamentale, in un contesto di accesso limitato alle informazioni per ragioni materiali, di sicurezza o politiche, in aree spesso remote. Operano in un ambiente degradato, con vaste aree occupate dai jihadisti o teatri di guerra.
Una realtà che, in qualche modo, influisce sul loro lavoro: Marong ha spiegato che spesso i giornalisti che vivono e lavorano in queste aree dicono di vedere membri di gruppi armati intervenire con loro per cambiare il contenuto dei programmi, dei loro articoli o addirittura prendere il controllo delle onde radio. “In Ciad, i giornalisti delle radio comunitarie vengono presi direttamente nelle loro case e uccisi semplicemente perché coprivano i conflitti latenti tra agricoltori e pastori” ha detto Marong, rilevando “l’incapacità” delle autorità statali a tutelare la loro incolumità.
Nell’ultimo anno, due giornalisti radiofonici comunitari sono stati uccisi in Mali e Ciad, dove Idriss Yaya è stato assassinato con sua moglie e suo figlio e almeno altri quattro giornalisti sono stati rapiti.
Per questo, Rsf afferma di aver raccolto le firme dei gestori di 547 stazioni radio comunitarie nei Paesi del Sahel e dell’Africa occidentale, in calce ad un appello alle autorità dei Paesi del Sahel che esorta ad avviare sistematicamente indagini sui casi di omicidio, ad agire per il rilascio dei giornalisti rapiti, a partecipare alla ricostruzione delle sedi radiofoniche distrutte, a formare squadre radiofoniche in materia di sicurezza e a riconoscere per legge l’importanza delle radio comunitarie.