Ritorno a Macallé (3)

di AFRICA

Terza parte del diario di viaggio di Sara Lemlem, giovane G2, che ci porta alla scoperta della sua terra, l’Etiopia.

Dopo aver lasciato una caotica Addis, faccio la conoscenza della più calma Macallé. Qui i ritmi sono molto più lenti e la cittadina più piccola e razionale. Mi accorgo da subito che la tradizione è più presente e viva, lontana dalla modernità della capitale, più simile a quello che m’immaginavo dell’Etiopia. Non a caso è la città dove è nata mia madre e quindi quella che mi è stata più raccontata.

Macallé si trova nella regione del Tigrai, la più a nord dell’Etiopia, che confina con l’Eritrea, altro paese per me importante. Storicamente il popolo tigrino ha avuto molti ruoli chiave all’interno del paese. Si trovano numerose testimonianze della millenaria cristianità etiope, come la chiesa costruita nella roccia a Lalibela, i monasteri di Gondar e quelli di Debre Damo, accessibili solo arrampicandosi sulla montagna.

Gondar CastleComplex

Attorno al misticismo che avvolge questi luoghi custoditi da rigorosi preti, si sono sviluppate diverse leggende come quella che sostiene che la famosa Arca dell’Alleanza (ovvero la cassa costruita da Mosè sul monte Sinai per custodire le tavole della legge) sia custodita in una cappella di Axum.

Impossibile parlare di Macallé, (o di un’altra città del Tigrai) senza far riferimento all’ex presidente Melles, originario anche lui di questa regione, grande propulsore dell’avanzata economica del paese. Gran parte dei giovani di questa città sono studenti universitari: il governo ha dato loro la possibilità di frequentare gli atenei gratuitamente, in cambio di lavoro una volta ottenuta la laurea.  L’istruzione è talmente importante che all’aeroporto trionfa uno striscione con scritto “Welcome to Mekelé, the city of the awareness” (“Benvenuti a Macallè, la città della conoscenza”).

A livello sociale, non ho visto troppe differenze economiche tra la popolazione. In genere non c’è troppa povertà, anche per un più profondo senso comunitario. E’ cosa comune che all’interno del vicinato i bambini crescano insieme, che gli anziani siano assistiti e in costante compagnia, e che la porta sia sempre aperta. Non è una città pericolosa, e la grande educazione popolare fa sì che i turisti si sentano al sicuro.

Ciò che ho notato è che in questi luoghi più semplici, la mentalità è meno diversa. In altre parole: i valori sono uguali per tutti e l’appartenenza al territorio più sentita. Ascoltando i racconti di diversi studenti si capisce che la ricostruzione del paese sta avvenendo proprio attraverso loro, con gli aiuti statali, ma anche tramite programmi appositi: tutte le lezioni in lingua inglese, professori provenienti da diversi paesi, gruppi di studio formati da ragazzi di varie etnie etiopi, per arrivare ad una maggiore coesione nazionale.

La cultura e la tradizione dettano legge. Non solo nelle situazioni formali ma anche nel tempo libero, durante il quale chi può si reca nei vari ristoranti tradizionali a divertirsi. E’ uno spettacolo vedere adulti e bambini ballare fino a tarda sera accompagnati da musicisti e cantanti, spesso seguiti da curiosi europei rapiti dai ritmi incalzanti.

Questi pochi giorni sono stati illuminanti e mi hanno fatto ritrovare dei valori in cui fortemente credo, come la fratellanza, la condivisione, la crescita mediante l’apprendimento, il rispetto e l’umiltà. Sicuramente è un altro mondo rispetto a quello frenetico cui sono abituata. Direi che qui la mentalità ferrea e a tratti severa dell’intera comunità è stata determinante per il futuro progresso che si intravede all’orizzonte.

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