Rovesciato il presidente della Guinea, un golpe tollerabile?

di Celine Camoin

Logica conseguenza di un “colpo di Stato costituzionale” commesso dal presidente Alpha Condé e dal suo entourage per rimanere al potere a tutti i costi per un terzo mandato? Questa lettura del golpe militare perpetrato domenica 5 settembre a Conakry, è condivisa da non pochi attivisti per la difesa dei diritti e la democrazia, ma anche da esponenti politici in Africa.

In Guinea, lo scrive nero su bianco il movimento Tournons la Page (Tlp), una piattaforma transnazionale attiva nella sensibilizzazione sull’alternanza democratica. È un vero dilemma, quello che hanno davanti gli attivisti, che non possono certo approvare un colpo di Stato dall’esito incerto, né tanto meno processi elettorali truffati e tagliati su misura da chi vuole restare sulla poltrona del potere.

Sembra quasi un destino annunciato, vista così, la confisca del potere a un presidente eletto da parte di un pugno di militari. Tlp chiede, anzi, che non vegano applicate sanzioni internazionali economiche alla Guinea, misure che aggraverebbero la già difficile situazione economica dei guineani. Ai militari si chiede però la protezione dei civili e dei politici impegnati nella difesa dei diritti e della democrazia.

Si attendono in queste ore possibili sanzioni da parte della comunità internazionale, che ha condannato con fermezza il colpo di Stato e chiesto il rilascio dell’83enne Condé. Guardandosi alle spalle anche solo nell’ultimo anno, il colonnello Mamady Doumbouya probabilmente dorme notti tranquilli. Il Mali ha vissuto non uno, bensì due colpi di Stato messi in scena da militari “per il bene del popolo” e “contro la cattiva gestione” di politici che avevano deluso le aspettative popolari. E nonostante le condanne inziali, tutti hanno ripreso a lavorare con il Mali del colonnello Assimi Goita, l’attuale capo della giunta militare di Bamako, che peraltro, secondo alcune fonti, avrebbe legami con il colonnello Doumbouya, poiché entrambi hanno partecipato alle esercitazioni militari statunitensi Flintlock a Ouagadougou, in Burkina Faso, nel 2019. In Ciad, dove la Costituzione è stata scavalcata alla morte al fronte del maresciallo Idriss Deby Itno, è passato senza troppi ostacoli – se non le manifestazioni popolari di protesta nelle quali sono morte almeno cinque persone e altre decine sono state ferite – la successione presidenziale tra il defunto padre e il figlio, un altro militare, il generale Mahamat Deby. In Tunisia, è stato il presidente della Repubblica, Kais Saied, ad usare poteri straordinari, il 25 luglio, congelando il parlamento e licenziando in tronco il primo ministro Hichem Mechichi. Una situazione ben diversa, certo, ma che vede un solo uomo prendere in mano il destino dell’Assemblea del popolo con misure eccezionali, previste dall’articolo 80 della Costituzione ma sull’interpretazione del quale i pareri divergono.  Non solo perché prevede di essere utilizzato in caso di “di pericolo imminente che minacci l’integrità nazionale, la sicurezza o l’indipendenza del Paese e ostacoli il regolare funzionamento dei pubblici poteri”, ma perché prevede di informare il presidente della Corte Costituzionale, che tuttora non esiste.

Ousmane Sonko, leader politico dell’opposizione al presidente Macky Sall in Senegal dove l’incognita del terzo mandato ha dato luogo già ad aspri dibattit, ieri sera ha messo in guardia: “Appena un anno fa, avevo lanciato l’allarme, di fronte alla bulimia degli orchi politici che si aggrappano al potere in Africa, soprattutto in Africa francofona. (…) La cosa peggiore è che spesso, dopo l’euforia e il giubilo che accompagnano la caduta di un potentato, i cittadini rimangono delusi, una volta che si rendono conto di essere tornati al punto di partenza: i nuovi padroni del gioco appaiono rapidamente come repliche perfette del caduti, patrocinati dagli stessi interessi ostili alla liberazione e allo sviluppo dell’Africa. Speriamo e preghiamo che non sia così per i paesi fratelli Guinea, Mali e Ciad…Preghiamo che questi sfortunati eventi servano a calmare i candidati a un terzo mandato suicida”, ha scritto il leader del Pastef.

Nel 2019, un amico personale di Alpha Condé, il politologo camerunese Christopher Fomunyoh, direttore per l’Africa del think tank statunitense National democratic institute for international affairs, aveva riunito gli ex capi di stato nigeriano Goodluck Jonathan e il beninese Nicéphore Soglo per chiedere ad Alpha Condé di ascoltare il suo popolo, di dialogare con l’opposizione e soprattutto di non candidarsi per un terzo mandato. Lo ha raccontato lui stesso su Equinoxe Tv (canale televisivo privato con sede a Douala, Camerun), nel programma La Vérité en face, facendo capire che il “fratello maggiore” Alpha Condé fece una sfuriata all’amico Christopher. Perché non vai a dare lezioni a Paul Biya (il presidente del Camerun), al potere da quasi 40 anni, un una nazione dove gli avversari sono censurati, dove dove la crisi anglofona è dilagante e dove Paul Biya è presidente a vita? Così aveva risposto Condé. Oggi la storia dà ragione a chi gli aveva dato saggi consigli.

Secondo numeri riferiti proprio ieri, mentre si stava consumando il golpe in Guinea, da uno degli ospiti del programma dibattito dominicale “Droit de réponse” su Equinoxe Tv, “Dalle indipendenze negli anni 60 il al 2010 il continente africano ha registrato 450 colpi di Stato o tentativi di colpi di stato. Dal 2010, circa un centinaio”, ha affermato Pascal Charlemagne Messanga Nyamding , membro titolare comitato centrale partito al potere in Camerun, Rdpc, e fedelissimo di Paul Biya.

(Céline Camoin)

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