Ruanda | Traffico di minerali, più controlli

di Enrico Casale
minatori rd congo

Più controlli per combattere il contrabbando di metalli preziosi. Dopo anni di polemiche e accuse da parte di organizzazioni internazionali e Ong, potremmo essere a una svolta. Il governo di Kigali ha deciso di stringere le maglie e di verificare che tutto il metallo che transita dal Paese sia pulito e non provenga da traffici illeciti.

Il Paese avrà due diversi certificati di esportazione di minerali: l’Icglr che vale per il commercio di stagno, tungsteno e tantalio e un secondo, introdotto recentemente, per il resto dei minerali, incluso l’oro.

Chi vorrà esportare minerali, a seconda del minerale, dovrà quindi ottenere dalle autorità un certificato. «Lo scopo di questo sistema di controllo è garantire che il governo di Kigali possa rendicontare con esattezza tutte le esportazioni», ha detto alla stampa locale, Francis Gatare, amministratore delegato del Rwanda Mines Board.

L’emissione del nuovo certificato è iniziata ad aprile. I richiedenti hanno dovuto presentare domanda online  spiegando quantità e origine dei metalli. Attraverso la domanda, gli esportatori hanno dovuto inoltre dimostrare, prima di ottenere il nuovo certificato, di avere già in mano un contratto con un potenziale acquirente.

«Ottenere questa certificazione – ha affermato Jean Malic Kalima, presidente della Mining Association – può essere complesso per i minatori artigianali che non hanno la capacità e i mezzi per fare domanda. Si è pensato allora di riorganizzare il settore, razionalizzando le attività di estrazione e favorendo l’organizzazione in cooperative di piccoli produttori. Ciò garantirà che possano beneficiare delle licenze in base alle buone pratiche».

Funzionari del governo di Kigali hanno ribadito che grazie a questo sistema le esportazioni di minerali del Paese saranno tenute sotto controllo e gli illeciti saranno combattuti più facilmente. La speranza, appunto, è di evitare il contrabbando e la «ripulitura» di metalli estratti illecitamente all’estero.  Anche se il traffico è lontano dall’essere debellato. Nel 2018 (ultimo dato disponibile), il Ruanda produceva circa 300 kg di oro, ma dichiarava di esportarne di 2.163 kg. Una discrepanza evidente. Ancora più evidente se si considera che i soli Emirati arabi uniti, nel 2018, dichiaravano di averne importato 12.539 kg proprio dal Ruanda.

Un nuovo rapporto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha affermato che il contrabbando di minerali provenienti dalla Rd Congo, principalmente l’oro, è tuttora attivo ed è condotto principalmente da organizzazioni che hanno base nei Paesi che confinano col Ruanda. E i proventi di questo commercio servono ad alimentare conflitti tra milizie nella Rd Congo.

Basterà una certificazione  a fermare questo traffico?

(Enrico Casale)

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