di Gianfranco Belgrano
Che l’Africa sia attore significativo nei giochi geopolitici e di riequilibrio globale scatenati dal conflitto in Ucraina più che un’ipotesi sembra una certezza. Guardando almeno ai movimenti che le diplomazie internazionali stanno facendo solo in questo primo scorcio del 2023. Interessanti per esempio i giri del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. Nell’arco di poche settimane, tra gennaio e febbraio, Lavrov ha visitato sette Paesi africani, ripercorrendo almeno in parte percorsi che rimandano alla storia dell’Unione Sovietica e del sostegno che quest’ultima diede ad alcuni movimenti politici in piena guerra fredda.
Così, al primo giro è stata la volta di Eritrea, e-Swatini, Sudafrica e Angola. Al secondo turno le tappe sono in Mali, Mauritania e Sudan. Una tappa poi annullata all’ultimo minuto avrebbe portato Lavrov anche in Botswana.
In più occasioni, la visita di Lavrov è coincisa con l’arrivo di delegazioni diplomatiche occidentali, in una sorta di rincorsa che, se ci fosse bisogno, sottolinea come il confronto globale tra Russia e Occidente trova una linea di confronto evidente proprio in Africa. Quell’Africa che per metà, lo scorso anno, non votò la risoluzione di condanna dell’invasione russa dell’Ucraina, preferendo astenersi. Ma è anche quell’Africa che, come visto chiaramente in Mali, è passata sotto controllo di militari che hanno aperto le porte alla Russia, a discapito della Francia.
Interessante è una lettura che di questi viaggi ha fatto il giornale sudafricano Mail & Guardian, ovviamente soffermando lo sguardo soprattutto sulla tappa del Sudafrica. Nella sua analisi, il Mail & Guardian parte da un assunto trascurato in genere in Occidente e legato al ruolo che l’allora Unione Sovietica ebbe nel sostegno ai movimenti di liberazione africani. “Per questo motivo, qui le porte si apriranno sempre ai rappresentanti di Mosca. I diplomatici occidentali che si oppongono a questo fatto, rivendicando una certa moralità, sembrano avere la memoria corta” scrive il Mail & Guardian. Andando poi ad analizzare il viaggio più nel merito, lo stesso giornale sottolinea però due fattori. Il primo riguarda i Paesi visitati: eSwatini ed Eritrea, è l’esempio fatto, non hanno lo stesso peso specifico di Angola e Sudafrica.
Il secondo fattore riguarda invece il peso specifico che la Russia di oggi ha e che non è paragonabile né a quello che aveva l’Unione Sovietica, né a quello che sul piano economico e anche militare l’Occidente continua ad avere. Così, da un punto di vista economico – e pur facendo parte del Brics – Sudafrica e Russia hanno un interscambio di un miliardo di dollari a fronte dei 21 che il Sudafrica ha con gli Stati Uniti. Inoltre, se è vero che il Sudafrica ha annunciato esercitazioni militari congiunte con Cina e Russia, è altrettanto vero che conduce con regolarità esercitazioni militari anche con gli Stati Uniti e con alcuni membri dell’Unione Europea. L’analisi va quindi avanti mettendo a confronto l’impegno militare russo con Wagner – sottolineando che esso è limitato a Centrafrica, Mali e Sudan – e quello statunitense, che secondo dati ufficiali può contare su 27 basi e 6000 militari.
La conclusione, per il Guardian & mail è chiara: “Lungi dal sottolineare la forza dei legami della Russia con l’Africa, il tour africano di Lavrov ha semplicemente evidenziato quanto sia diventata fragile la sua influenza sul continente. Ironicamente, l’enfasi sui legami dell’Unione Sovietica con il continente – che erano molto più profondi e significativi – è servita solo a sottolineare questa fragilità”. Dall’analisi però resta fuori la Cina, Paese vicino alla Russia, il cui peso nel continente è cresciuto enormemente.