La morte di tredici soldati in un’operazione militare in Mali sta portando a un ripensamento dell’impiego delle forze armate di Parigi nel Sahel. Parlando al vertice della Nato in corso vicino a Londra, il presidente Emmanuel Macron ha annunciato che sarà avviato un ridimensionamento dell’operazione militare del suo Paese contro i militanti islamisti.
Attualmente, Parigi ha sul terreno 4.500 uomini, 260 veicoli pesanti, 360 veicoli logistici, 210 veicoli blindati leggeri. Dispone inoltre di un appoggio aereo di sette velivoli d’attacco Mirage 2000, di una decina di aerei di trasporto tattico e strategico e di tre droni. Questa forza, secondo il capo di Stato transalpino, è particolarmente gravosa in termini economici. Ma è anche molto rischiosa e mette a rischio molte vite umane. Per questo motivo Macron ha chiesto un maggiore sostegno internazionale alla missione (che la Francia sta guidando da cinque anni).
Macron ha inoltre chiesto un maggiore impegno da parte del gruppo G5 Sahel – l’alleanza dei cinque Paesi della regione: Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger – e ha invitato i leader delle cinque nazioni a un vertice il 16 dicembre nel Sud della Francia.
Ora il quesito è: i contingenti militari africani saranno in grado di contenere la minaccia jihadista? I recenti attacchi in Burkina Faso e in Mali hanno infatti messo in evidenza la carenza di addestramento e di mezzi dei reparti africani che, troppo spesso, si sono lasciati sopraffare dai miliziani.