Sahel: ritiro mercenari dalla Libia preoccupa il G5 Sahel  

di Enrico Casale
soldati

Preoccupa in Sahel l’assenza di un piano per il ritiro di mercenari stranieri dalla Libia, stimati in quasi 30.000 combattenti armati. L’acuirsi dell’attivismo terroristico nel Sahel e dalle potenziali conseguenze del ritiro richiesto dall’Onu di mercenari armati stranieri presenti in territorio libico è stato uno dei punti salienti del vertice virtuale straordinario svoltosi venerdì scorso per valutare  la situazione nella regione. I capi di Stato del Mali, del Niger, del Ciad, della Mauritania e del Burkina Faso hanno chiesto che le Nazioni Unite e la Libia comunichino sul piano per il ritiro ordinato delle milizie armate straniere dalla Libia e contribuiscano a mettere in sicurezza i confini del G5 Sahel durante la fase di ritiro.

Lo scorso aprile il Ciad è stato destabilizzato dalle incursioni di una ribellione entrata dalla Libia – il Fact –  con l’intento di rovesciare il regime di N’Djamena, riuscendo a uccidere sul campo di battaglia – secondo la versione ufficiale – il presidente Idriss Deby Itno, pilastro della forza militare regionale.

Al vertice del 9 luglio, i capi di Stato regionali hanno anche toccato l’argomento della prospettiva di riconfigurare la forza francese nel Sahel, ricentrata sulla lotta al terrorismo e su una cooperazione militare rafforzata con gli eserciti nazionali. Si baserà in particolare su un continuo ampliamento della task force e sulla missione di formazione dell’Unione Europea in Mali.

All’incontro era invitato il presidente francese Emmanuel Macron, in quanto principale partner della lotta al terrorismo nell’area. Il vertice, convocato dal Ciad in qualità di presidente di turno, mirava anche a dare seguito alle raccomandazioni del vertice di N’Djamena del febbraio 2021 e a nominare il nuovo segretario esecutivo del G5 Sahel, il burkinabè Eric Tiaré. Macron ha partecipato al vertice assieme al suo omologo nigerino Mohamed Bazoum, che si trovava in visita di lavoro a Parigi.

I capi di Stato del G5 Sahel hanno insistito sulla necessità di potenziare la forza congiunta attorno al bacino del lago Ciad di fronte al persistere della minaccia jihadista. Hanno infatti osservato una lotta all’ultimo sangue tra fazioni di Boko Haram a vantaggio della fazione dello Stato Islamico in Africa occidentale, e un nuovo attivismo di fazioni di Boko Haram nel sud-ovest del Niger, al confine con lo stato nigeriano di Sokoto.

Hanno inoltre rilevato, con preoccupazione, l’estensione della minaccia terroristica verso la Costa d’Avorio a seguito di recenti attacchi.

Nel comunicato finale, i leader hanno auspicato maggiore autonomia alla forza congiunta G5 Sahel sotto un unico cappello operativo, finanziario e logistico. Hanno riaffermato il proprio impegno nell’ambito di questa lotta collettiva attraverso negoziati attivi e partecipativi con i partner della Coalizione internazionale per il Sahel per fornire alla Forza congiunta le capacità essenziali per le missioni della Forza e compresi i paesi del G5 Sahel che non ce l’hanno. Hanno chiesto l’istituzione di un diritto di prelievo sul conto fiduciario della forza a favore del comandante della forza congiunta che riferirà mensilmente al segretariato esecutivo del G5 Sahel.

Il comunicato stampa menziona anche l’istituzione del Centro di fusione dell’Intelligence a Niamey e il suo sostegno da parte del Segretariato esecutivo.

I leader hanno preso atto della decisione del presidente francese di trasformare il sistema militare francese schierato nel Sahel, ringraziando la Francia per il suo sostegno nella lotta al terrorismo sin dall’emergere nella regione di gruppi armati affiliati ad al-Qaeda e allo Stato Islamico. Hanno reso omaggio ai soldati africani, francesi e internazionali caduti nel campo per la stabilità del Sahel.

Entro la fine del 2021, la Francia chiuderà le sue basi nel nord del Mali. Lo ha annunciato il presidente Emmanuel Macron in una dichiarazione rilanciata dai media internazionali. Parigi, che combatte da otto anni gli estremisti islamisti nel Sahel, inizialmente sposterà le truppe a Sud, poi porterà il numero a circa la metà (circa 2.500-3.000 soldati). Macron ha affermato che la decisione è stata presa “in linea con l’imperativo di contenere la diffusione della minaccia al Sud”. Il presidente francese ha tenuto a precisare che le forze armate transalpine continueranno a lavorare nella regione, anche se con numeri ridotti. “Rimarremo impegnati. Ma rimanere impegnati significa anche adattarsi”, ha detto.

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