Sahel: un anno senza la Francia, adesso conta il fattore tempo

di claudia

di Maria Scaffidi

Un anno di Alleanza degli Stati del Sahel (Aes) – traguardo raggiunto il 16 settembre – significa anche, simbolicamente, un momento per fare bilanci. Nata su iniziativa dei leader militari golpisti di Burkina Faso, Mali e Niger, l’Alleanza ha riunito Paesi entrati in rotta di collisione con la Comunità economica dei Paesi dell’Africa occidentale (Ecowas). 

In un discorso pronunciato per l’occasione, il colonnello Assimi Goita, leader della giunta maliana e attuale presidente dell’Aes, ha detto che l’Aes si fonda su tre pilastri principali: la sicurezza, la diplomazia e lo sviluppo. 

L’Aes, ha spiegato Goita, è “aperta a tutti i partenariati con i Paesi della subregione, nel rigoroso rispetto della sovranità di ciascun Paese e del principio di non interferenza” perché la stessa Aes è “un’alleanza di popoli e lavora per proteggere le popolazioni e migliorare il loro benessere”.

Relativamente allo sviluppo, l’Aes vuole rafforzare l’integrazione economica e sociale migliorando la libera circolazione delle merci e delle persone: a tal fine, Goita ha annunciato l’imminente produzione e distribuzione di nuovi passaporti biometrici, la creazione di una banca d’investimento e di un fondo di stabilizzazione comune ai tre Paesi membri dell’Aes. Goita, nel suo discorso, ha anche citato la creazione di un canale informativo comune per “garantire una diffusione armoniosa delle informazioni” in questi tre Paesi. Ma ha anche parlato di sforzi in corso per realizzare le infrastrutture necessarie a rafforzare la connettività dei territori saheliani attraverso i trasporti, le reti di comunicazione e le tecnologie dell’informazione.

Sul piatto dunque c’è tanto. E tanto è cambiato in effetti dal 2020 in poi. Le tre nazioni del Sahel, tutte sottoposte a regime militare dopo una serie di colpi di Stato cominciati nel 2020, hanno prima creato l’Alleanza degli Stati del Sahel (Aes), dopo aver reciso i legami con la Francia e aver virato in accordi, militari e di cooperazione, con la Russia. Poi, lo scorso gennaio, hanno voltato le spalle all’Ecowas, organizzazione che accusano di essere manipolata dalla Francia. A luglio, hanno consolidato i loro legami con la creazione di una Confederazione degli Stati del Sahel, che sarà presieduta dal Mali nel suo primo anno e raggruppa circa 72 milioni di persone.

Sul campo la realtà è però ancora molto complessa. Secondo varie fonti della Rivista Africa, a Bamako l’erogazione della corrente elettrica viene assicurata per circa 4 ore al giorno, con effetti disastrosi sull’economia e sull’occupazione. Il livello di insicurezza resta ancora molto alto e all’avanzata dei jihadisti si è sommato un aumento della piccola criminalità nei contesti urbani. Migliore sembra essere la situazione in Burkina Faso, dove anche le condizioni del meteo quest’anno hanno giocato a favore dell’agricoltura e dove il governo è sembrato in grado di fare progressi sia sul fronte della sicurezza che su quello economico. In Niger, i militari hanno ancora un certo sostegno popolare. Tuttavia, sul fronte internazionale il Niger come gli altri due Paesi si trovano davanti a porte chiuse in Occidente e appelli della comunità internazionale a ripristinare le istituzioni democratiche. 

Mohamed Bazoum
Mohamed Bazoum

Proprio in questi giorni, in un appello lanciato tramite Le Monde, una trentina di personalità, tra cui premi Nobel come il medico congolese Denis Mukwege e lo scrittore nigeriano Wole Soyinka, nonché intellettuali e giuristi hanno chiesto la liberazione dell’ormai ex presidente del Niger, detenuto dal 26 luglio 2023 dalla giunta golpista. Gli autori di questo appello ritengono che Mohamed Bazoum e sua moglie Hadiza, detenuta con lui, siano “vittime di una detenzione arbitraria” che porta a “conseguenze particolarmente dolorose per la loro famiglia e, ovviamente, per i nigerini”.

Mohamed Bazoum, eletto due anni prima a suffragio universale, ha sempre rifiutato di cedere alle pressioni per costringerlo alle dimissioni. È costretto a rimanere in due stanze della sua residenza, nel cuore stesso del compound della guardia presidenziale, il cui ex comandante è l’autore del golpe, il generale Abdourahamane Tiani.

A un anno di distanza dalla creazione dell’Aes, il punto fatto proprio da diversi osservatori è che dopo la fine della presenza francese, l’ingresso di nuovi partner (i russi, ma in Mali si stanno vedendo anche i turchi) e le diverse promesse fatte su sviluppo economico, lotta alla corruzione e ripristino di condizioni di sicurezza, è il fattore tempo a essere determinante.

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