Sankara sarà riesumato per scoprire la verità sulla sua morte

di Enrico Casale

thomas-sankaraIl Governo di transizione del Burkina Faso ha emesso un decreto con cui autorizza la riapertura della tomba dell’ex presidente Thomas Sankara e ordina nuovi esami sul corpo che vi è sepolto. Ciò permetterà di riavviare le indagini sulla morte dell’ex Capo di Stato e di verificare l’esatta identità del cadavere sepolto nel cimitero Dagnoën. Negli ultimi anni infatti si è diffuso il sospetto che i resti di Sankara siano stati fatti sparire per coprire personaggi di spicco coinvolti nell’omicidio. Anche per questo motivo la famiglia dell’ex Presidente chiede da anni l’apertura della tomba. La vedova di Sankara, Mariam, il cui assenso è indispensabile per l’esumazione, si è già detta disponibile a collaborare con le autorità per l’adempimento delle procedure necessarie.

L’indagine dovrebbe mettere quindi la parola «fine» sulla tragica fine di Thomas Sankara che in molti considerano il «Che Guevara africano». Militare di carriera, diventò Presidente nel 1983. Fin dai primi giorni colpì il suo understatement. Si recava al Palazzo presidenziale con la sua vettura (una semplice Renault 5) o in bicicletta. Si abbassò lo stipendio al livello di quelli degli impiegati statali di basso livello. Ma sono le sue politiche ad aver rivoluzionato il Paese (che lui ribattezzò Burkina Faso in luogo dell’antico nome Alto Volta). Tagliò le retribuzioni di generali, ministri, alti funzionari. Redistribuì le terre. Promosse la partecipazione delle donne alla vita politica e sociale, tanto è vero che nel suo Governo alcuni dicasteri furono assegnati proprio a donne. Fu il primo Presidente africano a parlare di Aids e della necessità di prendere le giuste precauzioni per evitare il contagio. Abolì la poligamia e vietò l’infibulazione.

Ma Sankara divenne famoso in Africa e nel mondo intero soprattutto per il suo invito ai Paesi poveri a non pagare il debito estero che lui considerava una forma di neocolonialismo e di sottomissione alle potenze occidentali. Ciò gli valse l’etichetta di «pericoloso sovversivo comunista» e portò molte nazioni europee a isolarlo. Quando lo accusavano di mettere a rischio la stabilità africana facendosi amico l’Urss e Cuba, lui rispondeva che Mosca e l’Avana erano gli unici amici che gli erano rimasti, ma non per colpa sua.

Un personaggio di questo spessore non poteva essere a lungo tollerato da chi aveva dominato e continuava a dominare in Africa. Così il 15 ottobre 1987 Blaise Compaoré, suo ex compagno e sodale, guidò un golpe per destituirlo (sostenuto dalla Francia). Non si conoscono le esatte dinamiche della morte. Certamente il nuovo regime, durato fino all’autunno 2014, ha sempre cercato di nascondere la verità e ha sempre vietato qualsiasi forma di ricordo del rivoluzionario. Per questo motivo l’esumazione dovrebbe portare nuova luce sull’omicidio.

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