Le isole di São Tomé e Príncipe sono un microstato che galleggia sulle acque dell’Atlantico all’altezza dell’Equatore. Nel periodo coloniale i conquistadores portoghesi importarono qui dal Brasile la coltura del cacao e – grazie allo sfruttamento degli schiavi – ne fecero la prima fonte di reddito dell’arcipelago.
Oggi il cacao resta la principale voce dell’economia locale, ma le esportazioni sono ridotte al minimo. Gran parte delle piantagioni sono state abbandonate e inghiottite dalla foresta. Le sfarzose fattorie dell’epoca coloniale sono cadute in rovina. Restano in piedi brandelli di magazzini, mulini e ville padronali: straordinari cimeli da riscoprire.
Il turismo – potenziale volano di sviluppo – non decolla: l’anno scorso sono arrivati 12mila visitatori, un quinto di quanti ne accoglie la città di Venezia in una sola giornata. Le strutture ricettive sono poche, il clima umido scoraggia gli investimenti dell’industria alberghiera. Eppure le bellezze paesaggistiche abbondano.
L’isola più grande conserva spiagge bianche bordate di palme e baie appartate con acque turchesi. All’interno si trovano coni vulcanici, cascate spumeggianti, selve di fiori tropicali e imponenti monoliti che squarciano le nuvole. Si può dormire in bungalow nella splendida Praia Jalé, una striscia di sabbia immacolata, frequentata stagionalmente solo dalle tartarughe giganti di mare che qui depositano le loro uova.
Il lussureggiante affioramento di Príncipe, poi, ricorda il paradiso di Robinson Crusoe. Solo una manciata di stranieri approda su questo fazzoletto di terra selvaggia. E alla sera si può assistere ad uno spettacolo di teatro “Tchiloli”, patrimonio culturale di São Tomé e Príncipe, dove gli attori mettono in scena una storia medievale importata nel XVI secolo dai colonizzatori e rielaborata nel corso del tempo dalla popolazione locale. Andate a scoprire questo paradiso prima che venga sconvolto dai grandi tour operator.
Info: www.sao-tome.it