Una protesta del Movimento islamico (Imn) filo sciita della Nigeria nella capitale Abuja ha preso una piega violenta martedì non molto lontano dalla sede dell’Assemblea nazionale. La polizia nigeriana ha represso con la forza i militanti del Imn e il bollettino non ancora definitivo fornito dalle autorità parla di 40 arresti, diversi feriti tra cui almeno sei poliziotti, oltre a una sessione plenaria del Parlamento che è stata sospesa e decine di veicoli incendiati o danneggiati.
Stando a quanto riportato ieri dal portavoce della polizia Anjuguri Manzah, le forze dell’ordine nigeriane avrebbero “sventato un violento tentativo dei militanti di invadere l’Assemblea nazionale”. I membri dell’Imn hanno iniziato la loro protesta “con il pretesto che si trattava di una processione pacifica”, ma la manifestazione è diventata violenta “quando hanno tentato di farsi strada” all’interno dell’edificio. A quel punto, ha proseguito Manzah, gli agenti di polizia sono intervenuti “in modo professionale” e con “l’uso di una forza minima” per disperdere “i manifestanti ribelli”, che durante la fase violenza avrebbero sparato alle gambe di due agenti della polizia e lanciato bastoni e pietre, ferendo sei persone. I poliziotti feriti sono stati portati in ospedale per cure mediche, e un’indagine avviata per accertare le responsabilità.
Nelle immagini dell’agenzia Ruptly si vedono però anche diversi dimostranti che corrono e trasportano dei feriti, oltre a veicoli danneggiati e strade bloccate vicino al Parlamento.
Il Movimento islamico della Nigeria (Imn) chiede da tempo la liberazione del suo leader, l’imam Ibrahim Zakzaky, di cui denunciano la detenzione “illegale” da tre anni assieme a sua moglie. A questo scopo, i militanti organizzano puntualmente manifestazioni, l’ultima delle quali si tenuta lo scorso mese di dicembre. Anche in quell’occasione i manifestanti si erano radunati ad Abuja davanti agli uffici federali del governo, intonando slogan anti-governativi e chiedendo la liberazione del loro leader.
L’arresto di Zakzaky e i primi scontri tra l’esercito e i militanti sciiti filo-iraniani dell’Imn sono scoppiati il 12 dicembre 2015 a Zaria dopo che i militari hanno denunciato di aver scoperto un complotto per uccidere il capo delle forze armate, Tukur Buratai.
Allora quest’ultimo era stato nominato dal presidente Muhammadu Buhari per coordinare le operazioni di contrasto al gruppo jihadista Boko Haram e i militari individuarono in Zakzaky il principale responsabile del complotto. Nei giorni dopo il suo arresto, all’esterno dell’abitazione del religioso si sono radunati i militanti del Movimento islamico e sono seguiti violenti scontri durante i quali ci furono almeno 348 vittime ufficiali, ma i membri del Imn parlano di un migliaio di morti, ed è rimasto ucciso anche il figlio di Zakzaky. Negli scontri fu demolito anche il principale santuario sciita del centro e l’abitazione dell’imam, alimentando ancora di più la tensione nell’area.
Sulla questione si è espressa anche Human Rights Watch (Hrw), che ha esortato le autorità nigeriane a perseguire l’esercito per uso eccessivo della forza contro i manifestanti sciiti. In una nota rilanciata dai media locali, l’ong ha denunciato a fine dello scorso anno un persistente “clima di violenza” mantenuto dalle forze di sicurezza. “La repressione da parte delle forze di sicurezza governative contro i manifestanti sciiti del Movimento islamico nigeriano (Imn) può creare disuguaglianze che potrebbero peggiorare la situazione di sicurezza già precaria in Nigeria”.