di Céline Camoin
Domani, 17 novembre, si vota in Senegal per le elezioni legislative anticipate, dopo una campagna elettorale caratterizzata da scontri accesi e dibattiti tra i leader del Pastef, che sperano di ottenere la maggioranza netta e i suoi oppositori. Più di sette milioni di senegalesi sono chiamati a ad eleggere 165 deputati per cinque anni.
Tra violentissime rivalità e approcci più moderati centrati sul dibattito politico, si è conclusa ieri la campagna elettorale in vista delle elezioni legislative anticipate di domani, domenica 17 novembre in Senegal. I leader del Pastef e loro sostenitori sperano di ottenere una maggioranza netta per mantenere la promessa di rottura che ha permesso loro di vincere le elezioni presidenziali otto mesi fa.
Lo scontro verbale, a volte fisico, tra il Pastef-Les patriotes, lo schieramento del presidente Bassirou Diomaye Faye e del primo ministro Ousmane Sonko, capolista nazionale, e la coalizione Samm Sa Kaddu guidata da Bartlemely Dias, ha gettato una ombra su questo periodo elettorale. Nonostante appelli alla non violenza lanciati da diverse associazioni, si sono registrati diversi episodi di attacchi a cortei o a sedi politiche. L’ultimo controverso appello di Sonko ai suoi militanti a farsi giustizia da soli, ne è stata una scadente dimostrazione, anche se il primo ministro ha fatto un dietro-front nell’arco di poche ore.
Il giornale Sud Quotidien nota che “la campagna elettorale ha distinto chiaramente due concezioni della politica, l’una che valorizzava le botte, le minacce e gli insulti, l’altra che si sforza a mettere in primo piano il bene comune. Tuttavia il Paese, nonostante le sue pretese di eccezionalismo, sembra sprofondare in un tunnel”, deplorano i giornalisti di questo media. Babacar Gueye, presidente del Collettivo delle organizzazioni della società civile per le elezioni, ha dal canto suo deplorato una campagna fatta soprattutto di attacchi verbali, invettive e accuse.
Di accuse, ne sono giunte da ogni schieramento. Nei giorni scorsi, l’ex presidente della Repubblica Macky Sall, predecessore di Diomaye Faye, ha mosso aspre critiche al bilancio dei primi sette mesi di gestione del Paese da parte dell’ex opposizione Pastef. Ha parlato di bilancio “catastrofico” che porta il Paese ad un rapido e profondo “declino”. Dipinge un’economia a mezz’asta, segnata dal declassamento del rating sovrano del Senegal e dalla paralisi dei settori chiave. Tale situazione tuttavia è derivata da una verifica chiesta dalla nuova amministrazione sui conti sotto la presidenza di Sall. “L’agricoltura, il commercio, l’artigianato e l’edilizia sono in grave declino”, ha denunciato l’ex capo dello Stato, aggiungendo che migliaia di operai edili sono ora disoccupati, mentre anche altri settori, come la pesca e l’allevamento, soffrono le ripercussioni di una governance che definisce “populista e segnata dalle falsità”. Queste “promesse non mantenute”, secondo lui, hanno peggiorato la precarietà dei piccoli commercianti e artigiani, che danno lavoro a milioni di senegalesi.
A capo della coalizione Takku Wallu Senegal, che raggruppa tra l’altro il suo partito, l’Apr e il Pds di Karim Wade, Macky Sall conduce la campagna da Marrakech, suo nuovo luogo di residenza. Alcuni analisti paragonano queste elezioni parlamentari a un remake delle elezioni presidenziali dello scorso 24 marzo, tra i due grandi schieramenti rivali, quello di Sonko e quello di Macky Sall.
Nel dipartimento elettorale della capitale Dakar, il più popoloso del Paese, Takku Wallu Senegal si è alleata con Samm Sa Kaddu – Macky Sall e Barthelemy Dias, sindaco di Dakar, erano finora rivali politici – e con la coalizione Jamm ak Njarin dell’ex primo ministro Amadou Ba, il delfino di Macky Sall alle ultime presidenziali, sconfitto sin dal primo turno.
Circa 7,5 milioni di senegalesi sono chiamati ad eleggere 165 deputati per cinque anni. Centododici con voto a maggioranza ad un turno nei dipartimenti e all’estero (per 15 di essi) e altri 53 con voto proporzionale su lista nazionale. Le liste elettorali sono 41. Tutte devono rispettare la parità di genere. Nessuna donna è capolista.